Fondo pagina

 


 

 

IRRIGANTI CANALARI

 

 


 

 

 

  Home

 

 

   Pubblicazioni

 

Introduzione

Anatomia sistema canalare

Biologia e patologia polpa

Fisiologia polpa

Patologia periapicale

Diagnosi

Isolamento del campo

Accesso

Lunghezza di lavoro

Rx e lunghezza di lavoro

Localizzatori d'apice

Strumentario manuale

Preparazione manuale

   Preparazione rotante ISO

   Preparazione ultrasonica

Le leghe in nichel-titanio

Preparazione rotante Ni-Ti

Sagomatura

Irriganti

Guttaperca

Cementi canalari

Tecniche di otturazione

VCAB

Sigillo

Casi clinici I

Casi clinici III

Casi clinici III

Casi clinici IV

Outcome I

Outcome II

Evidence Based Dentistry

Links

 

 

 

 

INTRODUZIONE

SISTEMA CANALARE E BATTERI

LA DETERSIONE MECCANICA

 

GLI IRRIGANTI CANALARI

CLOREXIDINA

IPOCLORITO DI SODIO

PEROSSIDO DI IDROGENO

CHELANTI

COMPOSTI DELL'AMMONIO QUATERNARIO

AMINOQUINALDINIUM DIACETATO

SOSTANZE IODATE

SOLUZIONI ANTIBIOTICHE

PROTOCOLLI DI IRRIGAZIONE

ASPETTI TECNICI DELL'IRRIGAZIONE CANALARE

CONCETTI ALTERNATIVI

 

LE MEDICAZIONI CANALARI

IDROSSIDO DI CALCIO

 

 

 


 

 

 

INTRODUZIONE

 

 

Viviamo nell’era dell’evidence-based medicine. Ogni nuova acquisizione, che si tratti di un concetto o di una tecnica da impiegare clinicamente, dovrebbe trovare conferma in studi clinici randomizzati. Questo, tuttavia, pone un problema considerevole nelle ricerca in Endodonzia. L'esito favorevole, cioè il successo, del trattamento è definito come la riduzione di una lesione radiografica con assenza di sintomi clinici a carico del dente interessato dopo un periodo minimo di osservazione di 1 anno (Ørstavik 1996). In alternativa possono essre definite alcune cosiddette variabili sostitutive del successo, che forniscono risultati più rapidi, come ad esempio la carica microbica residua che rimane nel sistema canalare dopo diversi protocolli di trattamento. Tuttavia esse non sono necessariamente correlate con il “vero” esito del trattamento (Peters et al. 2002). Il successo di un trattamento endodontico dipende da molti fattori (Ørstavik et al. 2004), e l'inefficacia di un passaggio della terapia può venire compensata e mascherata. Ad esempio, se dopo disinfezione inadeguata rimangono nel canale microrganismi patogeni, essi teoricamente possono essere incarcerati nel canale da un’otturazione perfetta dello stesso (Salehet al. 2004), e il successo clinico essere acquisito comunque (Peters et al. 2002). D’altro canto, in uno studio clinico metodologicamente corretto, i singoli passaggi del trattamento devono essere randomizzati e messi in relazione all’esito. Altrimenti i risultati non legittimano alcuna conclusione, e non può essere rilevata alcuna relazione causale (Alderson et al. 2004.).
Il problema è che non esistono studi clinici controllati e randomizzati in letteratura endodontica circa l’effetto delle soluzioni irraganti sull’esito del trattamento. Noi dipendiamo largamente da dati ricavati da studi in vitro e da studi clinici che valutano come esito sostitutivo la riduzione della carica batterica dopo trattamento. Indicazioni cliniche basate su risultati di questo tipo sono semplici deduzioni, e devono essere interpretate con cautela. Ciò nonostante, in questi lavori possono valutare problemi selezionati, e si possono ottenere utili informazioni di base.
La patologia pulpare può essere la conseguenza di un insulto traumatico, o dell’azione di agenti chimici, così come di stimoli termici eccessivi. Va anche considerata la possibilità di un coinvolgimento in corso di patologia parodontale. Ma nella maggior parte dei casi la patologia pulpare deriva da carie.

Non c’è oggi alcun dubbio sul fatto che i microrganismi, perché sono rimasti nello spazio canalare al termine del trattamento o perché sono stati in grado di ricolonizzarlo dopo l’otturazione, sono la principale causa di fallimento endodontico (Sjögren et al. 1997, Molander et al. 1998). Schilder (1974)  dichiarava: "i canali radicolari devono essere ripuliti e sagomati: ripuliti dai residui organici, e sagomati perché possano essere otturati tridimensionalmente nell'intero spazio canalare". E’ stata da alcuni considerata più importante la fase di detersione e sagomatura rispetto alla fase di otturazione del canale (Heuer 1963,  Weine et al. 1975, Martin et al. 1980, Reynolds et al. 1987). Questi due momenti sono, comunque, finalizzati ad ostacolare l'infiltrazione, la crescita e l'azione dei batteri, e sono strettamente interconnessi: con una detersione e una sagomatura accurate si creano le condizioni perché possa essere otturato il sistema canalare. Non essendo possibile né ottenere, né mantenere una condizione di sterilità del sistema canalare, ed essendo d’altra parte il sigillo completo dello stesso solo un obiettivo ideale e non realizzabile in termini assoluti, quanto di potenzialmente nocivo residua dopo la preparazione può venire neutralizzato dalla fase di otturazione, così come parcellari difetti di riempimento possono non produrre conseguenze grazie alla preliminare detersione e decontaminazione dei canali. La detersione è il risultato dell'azione meccanica degli strumenti sulle pareti del canale, così come del flusso e dell'azione chimica degli irriganti. Ottenere una detersione completa è impossibile per le complessità anatomiche che caratterizzano il sistema, come ad esempio istmi, nicchie ed anfrattuosità, che impediscono la completa rimozione dei detriti e dei batteri all'interno dei canali radicolari (Bystrom & Sundqvist 1981,  Bystrom & Sundqvist 1983, Bystrom & Sundqvist 1985, Siqueira et. al. 2002).

 

 

 

 

Sulla radiografia la complessità del sistema canalare è solo in parte riconoscibile

 

 

 

Gli studi in letteratura sono concordi sul fatto che la detersione  canalare non è mai completa (Gutierrez & Garcia 1968, Haga 1968) e che con altissima frequenza nei canali al termine del trattamento endodontico sono presenti residui organici ed inorganici. Anche se i risultati in letteratura sono per la verità assai difficili da interpretare e spesso assai controversi su molti aspetti.

Basti pensare che con la sola strumentazione meccanica, e quindi senza impiego di irriganti, sono state ottenute colture negative alla fine del primo appuntamento nel 20-30 % dei casi da Ingle & Zeldow (1958), da Grahnén & Krasse (1963),  da Stewart et al. (1969) e da Weine et al. (1973).

E tuttavia, è stato dimostrato che il riscontro di coltura negativa dopo sagomatura e irrigazione protratta è solo transitorio (Ingle et al. 1958, Shih et al. 1970).
 

 

Ingle & Zeldow (1958) all'appuntamento successivo  trovarono confermata la coltura negativa,  ottenuta con preparazione e irrigazione del canale nella seduta precedente, solo nel 5% dei casi. Grahnen & Krasse (1963) nel 48% dei casi, Bence et al. (1973) nel 46,7% dei casi.  

 

 

In realtà, anche il valore dell'esame colturale dei canali a fine preparazione è assai discusso.

 

 

Seltzer et al. (1963)  affermarono che l'esame colturale non era ne' accurato, ne' utile come mezzo per valutare la sterilità dei canali.aGrossman (1970) al contrario dichiarò che l'esame colturale era il miglior sistema per valutare la sterilità dei canali radicolari. Morse (1971) di nuovo negò l'attendibilità dell'esame colturale.

Bence et al. (1973) effettuarono colture da prelievi in dentina, che risultarono inizialmente tutte positive, dopo strumentazione meccanica negative nel 21,4% dei casi, dopo irrigazione con NaOCl negative nel 75% dei casi (il 53,3% dei quali dava reperto positivo in seduta succesiva); dichiararono che la positività della coltura da prelievi in dentina dimostrava la penetrazione  batterica dei tubuli; sottolinearono che le colture da prelievo con cono di carta si rivelavano piu frequentemente positive che quelle da prelievo di dentina.

Byström & Sundqvist (1983), dopo 5 sedute di irrigazione con NaOCl allo 0.5% e altrettante di irrigazione con soluzione salina, ottennero colture negative rispettivamente in 12 casi su 15 e in
8 casi su 15

 

 

Ad ogni buon conto, un sistema canalare il più possibile deterso e decontaminato è il risultato di un'azione chimica e meccanica di dissolvimento della sostanza organica e dei detriti inorganici, di una rimozione di entrambe le componenti, e di un effetto antibatterico. Gli irriganti a questo proposito hanno un ruolo fondamentale.

 

 

 SISTEMA CANALARE E BATTERI


In funzione del trattamento, dovrebbero essere differenziati gli elementi vitali da quelli non vitali (Zehnder et al. 2002). La pulpite è la reazione dell’ospite a patogeni opportunisti che dal cavo orale penetrano nel sistema canalare (Hahn et al. 2000). La polpa viva può difendersi dai microrganismi, ed è quindi in larga misura non infetta fino a quando non diviene necrotica (Langeland 1987). Viceversa, lo spazio pulpare di denti necrotici con segni di radiotrasparenza periapicale contiene sempre microrganismi ( Sundqvist 1976.). Conseguentemente, il trattamento endodontico di elementi a polpa viva dovrebbe mirare all’asepsi, ovvero alla prevenzione dell’ingresso di agenti infettivi in un ambiente inizialmente sterile come il terzo apicale del canale radicolare. L’antisepsi, ovvero il tentativo di rimuovere tutti i microrganismi già presenti, dovrebbe essere l’obiettivo del trattamento dei canali necrotici. Va sottolineato che la vitalità della polpa non sempre può essere determinata con tests diagnostici prima del trattamento (Seltzer et al. 1963). Una volta effettuata la cavità d’accesso, tuttavia, il clinico può distinguere chiaramente se si trova di fronte a tessuto vitale o non vitale (Petersson et al. 1999), e può scegliere il trattamento appropriato.
Asepsi significa innanzitutto isolamento con diga di gomma e disinfezione della corona dell’elemento (Walker 1936). A causa della complessa anatomia dei sistemi canalari, l’antisepsi è più difficile da attuare, sia dal punto di vista tecnico che microbiologico, nei canali necrotici e nei canali già trattati con esito negativo che nei canali a polpa viva (Hess 1917).
Nel momento in cui le difese dell’ospite perdono la possibilità di accedere allo spazio canalare, microrganismi opportunisti, selezionati dalle condizioni ambientali sfavorevoli e dalla carenza di ossigeno, colonizzano il sistema canalare (Nair 2004). Queste comunità batteriche possono sopravvivere in presenza di residui di tessuto pulpare e di essudazione di origine parodontale (Sundqvist 1994, Love 2001). Conseguentemente, in canali necrotici e in canali già trattati con esito negativo le colonie di microrganismi si trovano tipicamente nell’area apicale, dove possono avere contatto con i fluidi tissutali (Nair 2004). In infezioni persistenti da lungo tempo, i batteri presenti nel canale radicolare possono penetrare nei tubuli dentinali adiacenti (Shovelton 1964, (. Armitage 1983). Le infezioni iniziali sono polimicrobiche, tipicamente dominate da anaerobi obbligati (Sundqvist 1994). I microrganismi più frequentemente isolati prima del trattamento sono bastoncelli anaerobi Gram-, cocchi anaerobi Gram+, bastoncelli Gram+ anaerobi e anaerobi facoltativi, Lactobacilli e Streptococchi Gram+ anaerobi facoltativi (Sundqvist 1994). Gli anaerobi obbligati sono piuttosto facilmente eliminati durante il trattamento. Viceversa, batteri anaerobi facoltativi come gli Streptococchi non- mutans, gli Enterococchi e i Lactobacilli, una volta che hanno colonizzato il canale radicolare, sono maggiormente in grado di resistere alla preparazione chemio-meccanica e alle medicazioni canalari (Chavez et al. 2003). In particolare, l’Enterococcus Faecalis è stato segnalato come abitualmente presente in canali precedentemente trattati con esito negativo (Engström 1964, Haapasalo et al. 1983). Anche miceti sono stati isolati in canali all'apice dei quali è presente parodontite apicale resistente al trattamento (Waltimo 1997).
E’ probabile che tutti i microrganismi in grado di colonizzare un sistema canalare necrotico possano causare lesioni infiammatorie periapicali. Gli Enterococchi possono sopravvivere in monocoltura, ma causano solo lesioni minori (Fabricius et al. 1982). Certe specie di Gram- dimostrano più virulenza (Sundqvist 1994). La membrana esterna dei Gram- contiene endotossine, che sono presenti in tutti i canali necrotici con lesioni periapicali (Dahlén & Bergenholtz 1980), e sono in grado di innescare una risposta infiammatoria persino in assenza di batteri vivi (Dwyer & Torabinejad 1980). Per di più, i livelli di endotossine nei canali necrotici sono positivamente correlati alla sintomatologia clinica, come al dolore spontaneo e alla sensibilità alla percussione (Jacinto et al. 2005).
La sopravvivenza di bastoncelli aenaerobi Gram- virulenti, così come la possibilità che essi esprimano per intero il loro potenziale patogeno, dipende dalla contemporanea presenza di altri batteri (Fabricius et al. 1982). Queste aggregazioni di microrganismi in una matrice polisaccaridica extacellulare adesa ad una superficie (in questo caso la parete interna del canale) sono denominate biofilms (Costerton et al. 1994). Esiste evidenza che microrganismi organizzati in questa maniera sono di gran lunga meno suscettibili agli agenti antimicrobici rispetto alle corrispettive forme planctoniche, che sono quelle tradizionalmente usate per esaminare l’efficacia antimicrobica delle sostanze in vitro (Nickel et al. 1985, Wilson 1996). Se un brodo di coltura batterico inoculato viene sottoposto all’azione di una soluzione antimicrobica, l’efficacia dell’agente può sembrare assai convincente, simile a quella dei tests di diffusione in agar. Tuttavia, nel sistema canalare i biofilms e la presenza di batteri all’interno dei tubuli dentinali rendono la disinfezione molto più difficile, per cui modelli sperimantali come blocchi standardizzati di dentina bovina infetta (Haapasalo & Ørstavik 1987) o modelli in vivo appaiono decisamente più validi rispetto ai protocolli sopra menzionati. Per di più è stato dimostrato che le componenti organica ed inorganica della dentina, che sono a contatto con l’irrigante durante la preparazione chemio-meccanica, inibiscono la maggior parte degli agenti antimicrobici (Portenier et al. 2001).
E’ dunque assai probabile che gli effetti delle sostanze irriganti siano notevolmente sovrastimati rispetto alla loro effettiva attività nelle condizione date.

 

 

LA DETERSIONE MECCANICA
 

Lo scopo principale della strumentazione canalare è ottenere una detersione meccanica e la creazione di uno spazio utile a rimuovere le sostanze antimicrobiche. Inoltre una buona sagomatura canalare favorisce lo stretto contatto del materiale da otturazione con le pareti dentinali, a sua volta utile a prevenire la ricolonizzazione batterica (Schilder 1974). Si è tentato di effettuare il trattamento endodontico evitando la strumentazione meccanica ed utilizzando dispositivi in grado di creare il vuoto durante l'irrigazione con ipoclorito di sodio (Lussi et al. 1993). Sebbene l’approccio sia interessante, al momento il livello di detersione ottenuto con metodi simili è tuttavia non adeguato all’impiego clinico (Attin et al. 2002).
La strumentazione meccanica, d’altra parte, presenta essa stessa inconvenienti.
In primo luogo implica la possibilità di incidenti tecnici In elementi necrotici con radiotrasparenze periapicali, complicanze tecniche quali perforazioni, fratture di strumenti, come fratture di strumenti ed errori di preparazione con comseguente impossibilità di raggiungere la regione apicale del canale, pesano sfavorevolmente sulla prognosi (Kerekes & Tronstad 1979).
In secondo luogo, la strumentazione comporta la stratificazione di smear-layer sulle pareti canalari (McComb et al. 1976). Lo smear-layer comprende una componente organica ed una inorganica, e in particolare residui dentinali e pulpari (Gwinnett 1984). Lo smear-layer può essere colonizzato da batteri (Akpata & Blechman 1982), e può offrire protezione ai biofilms adesi alla parete canalare (Sen et al. 1999). Inoltre la presenza di smear-layer ostacola l’adattamento dei cementi endodontici alla parete del canale (Kokkas et al. 2004) e può quindi favorire l’infiltrazione batterica (Clark-Holke et al. 2003).
In terzo luogo, la strumentazione meccanica in combinazione con una soluzione inerte (fisiologica, ad esempio) non è in grado di ridurre adeguatamente il numero di batteri vivi in un sistema canalare infetto (Grahnén & Krasse 1962,  & Sundqvist 1981), e nemmeno di evitare che si stratifichi smear-layer sulle pareti canalari (Mayer et al. 2002). Sia impiegando gli attuali strumenti rotanti in Ni-Ti, che preparando in modo tradizionale con strumenti manuali in acciaio, circa metà della superficie delle pareti canalari rimane non preparata (Peters 2004).

 

 

 

GLI IRRIGANTI CANALARI


 

Storicamente, per irrigare i canali radicolari è stato proposto un gran numero di soluzioni acquose, dalla soluzione fisiologica a preparati contenenti una sostanza antibatterica altamente tossica ed allergenica come la formaldeide (Harrison 1984). Il numero delle soluzioni irriganti in uso attualmente è però assai ristretto.
Idealmente una soluzione irrigante dovrebbe esercitare una azione antibatterica a largo spettro, ed essere altamente efficace nei confronti dei microrganismi anaerobi obbligati e facoltativi organizzati in biofilms. Dovrebbe inattivare le endotossine ed essere in grado di dissolvere il tessuto pulpare necrotico. Dovrebbe prevenire la formazione di smear-layer durante la strumentazione, e dovrebbe poterlo rimuovere quando già stratificato. Inoltre, dal momento che entrano in contatto con tessuti vitali, gli irriganti canalari dovrebbero essere privi di tossicità e di potere caustico nei confronti dei tessuti parodontali, e dovrebbero essere incapaci di innescare una reazione anafilattica.

Sebbene le sostanze iodate siano meno tossiche ed irritanti per i tessuti vitali rispetto all’ipoclorito di sodio ed alla clorexidina (Spångberg et al. 1973, Spångberg et al. 1979), hanno maggior probabilità di provocare reazioni allergiche (Popescu et al. 1984). Lo stesso vale per i composti derivati dall’ammonio quaternario (Baldo &
Fisher 1983, Bernstein 1994). Invece, fenomeni di sensibilizzazione all’ipoclorito e alla clorexidina sono rari ( Hostynek et al. 1989, Krautheim et al. 2004). Nonostante il suo impiego sia estremamente diffuso, sono riportati pochi casi di reazione allergica all’ipoclorito usato come irrigante canalare (Caliskan et al. 1994).

Tra tutti gli irriganti usati attualmente, l’ipoclorito di sodio risulta quello che possiede in maggior misura i requisiti utili.
 

 

 

 

 

From: Zehnder M. Root canal irrigants. J Endod. 2006; 32: 389-98.


L’ipoclorito è l’unico irrigante ad avere la capacità di dissolvere il tessuto necrotico (Blum 1921) (Grossman &
Meiman 1941) (Naenni et al. 2004) e le componenti organiche dello smear-layer (Koskinen et al. 1980, Baumgartner & Mader 1987, Gutierrez et al. 1990, Haikel 1994). Inoltre uccide batteri sessili organizzati in biofilms e indovati nei tubuli dentinali con la stessa efficacia della clorexidina e dei composti iodati , a concentrazioni comparabili (Spratt et al. 2001, Ørstavik & Haapasalo 1990, Vahdaty et al. 1993). L’inattivazione di endotossine da parte dell’ipoclorito è stata riportata (Sarbinoff et al. 1983, Silva et al. 2004), ma si tratta di un’azione meno efficace di quella prodotta dall’idrossido di calcio (Tanomaru et al. 2003).
Al di là del fatto che l’ipoclorito rappresenta l’irrigante di prima scelta, vi sono tuttavia situazioni in cui anche altre soluzioni possono rendersi utili.
 

 

CLOREXIDINA

 

 

La clorexidina fu prodotta per la proima volta nei laboratori delle Imperial Chemical Industries Ltd. (Macclesfield, England). Furono inizialmente sintetizzate una serie di polibisguanidi per ottenere sostanze anti-virali. Esse tuttavia dimostrarono una azione anti-virale scarsa, e furono accantonate, per poi essere riconsiderate alcuni anni più tardi come agenti antibaterici. La clorexidina era la più efficace tra le bisguanidi testate (Davies et al. 1954). La clorexidina è una base forte ed è più stabile in forma di sale. I sali originali furono la clorexidina acetato e la clorexidina idrocloridrato. Entrambi erano però poco solubili in acqua (Foulkes 1973), e furono rimpiazzati dalla clorexidina digluconato. La clorexidina è un potente antisettico, largamente usato in soluzione acquosa a concentrazioni dello 0.1-0.2 % per contrastare la formazione di placca batterica in cavo orale (Addy & Moran 2000). La concentrazione al 2% è invece usata per l’irragazione canalare (Zamany et al. 2003). Si crede comunemente che la clorexidina sia meno caustica dell’ipoclorito di sodio (Jeansonne & White 1994), ma questa convinzione è infondata. Una soluzione di clorexidina al 2% e irritante per la cute (Foulkes 1973). Anche le soluzioni di clorexidina, come quelle di ipoclorito di sodio, se usate a minori concentrazioni ma riscaldate, agiscono più efficacemente nel sistema canalare ed esprimono una minor tossicità sistemica (Evanov 2004).
Nonostante la sua utilità come irrigante “finale”, la clorexidina non può essere considerata irrigante di elezione nelle situazioni ordinarie, poiché non dissolve il tessuto necrotico (Naenni  et al. 2004) ed è meno efficace sui batteeri Gram- che sui batteri Gram+ (Davies et al. 1954, ) (Hennessey 1973, Emilson 1977). Questo può spiegare perché l'impiego prolungato di clorexidina sui cani conduce ad una prevalenza di bastoncelli Gram- nella placca (Hamp & Emilson 1973). Deve essere considerato che molti studi in vitro impiegano denti estratti bovini o umani mono- infettati con Enteroccus Faecalis, che è un batterio Gram+ anaerobio facoltativo spesso presente in canali già trattati con esito negativo (Portenier  2003). Ma nelle infezioni primitive, che sono usualmente poli-microbiche, i Gram- anaerobi predominano (Sundqvist 1994). Gli Enterococchi sono raramente presenti nelle infezioni primarie (Siqueira et al. 2002). L’efficacia della clorexidina nei confronti dei Gram+ nei tests di laboratorio può indurre a sovrastimare l’utilità clinica della sostanza. In uno studio clinico randomizzato, che confrontòa l’efficacia della clorexidina al 2% e dell’ipoclorito di sodio al 2.5% nel ridurre il numero di microrganismi all’interno del canale radicolare, fu rilevato che l’ipoclorito era significativamente più efficace della clorexidina nel produrre colture negative (Ringel et al. 1982). Questo era soprattutto vero in presenza di anaerobi obbligati, mentre la differenza era meno significativa se venivano considerati gli anaerobi facoltativi. Inoltre il passaggio da coltura negativa a positiva, valutato con prelievi in momenti successivi, fu più frequente con clorexidina che con ipoclorito. Gli autori interpretarono il fenomeno in ragione della incapacità della clorexidina di dissolvere i residui di tessuto necrotico e di ripulire chimicamente il sistema canalare.
 

Il Cetrexidin (GABA Vebas, Roma, Italy ) è una soluzione irrigante che associa clorexidina allo 0.2% e cetrimide allo 0.2%. La cetrimide è un  derivato dell'ammonio quaternario, ovvero un tensioattivo cationico con proprietà antisettiche, detergenti, emulsionanti.

 

 

IPOCLORITO DI SODIO (NaOCl)

 

 

Il cloro è uno degli elementi più largamente presenti in natura, dove non si trova allo stato libero, ma esiste in combinazione con sodio, potassio, calcio, e magnesio (Dychdala 1991). Nel corpo umano i composti del cloro fanno parte delle difese immunitarie aspecifiche. Essi sono generati dai neutrofili attraverso la clorazione mieloperossidasi-mediata di un composto azotato, o di gruppi di composti azotati (Test et al. 1984).
L’ipoclorito di potassio fu la prima soluzione acquosa clorata prodotta chimicamente, in Francia, su formulazione di Berthollet (1748-1822). A partire dalla fine del XVIII secolo, la soluzione fu prodotta industrialmente da Percy a Javel, vicino a Parigi, da cui la denominazione di “Acqua di Javel”. Dapprima le soluzioni di ipoclorito furono usate come agenti sbiancanti. Successivamente l’ipoclorito fu raccomandato da Labarraque (1777-1850) per prevenire la febbre puerperale ed altre malttie infettive. In conseguenza degli studi di laboratorio di Koch e Pasteur, l’ipoclorito venne largamente utilizzato come disinfettante a partire dalla fine del XIX secolo. Durante la I guerra mondiale, il chimico Henry Drysdale Dakin e il chirurgo Alexis Carrel estesero l’impiego di soluzioni tamponate allo 0.5% di ipoclorito di sodio all’irrigazione di ferite infette, basandosi sugli studi meticolosi di Dakin che aveva valutato l’efficacia di diverse soluzioni sui tessuti necrotici infetti (Dakin 1915).

Le preparazioni di ipoclorito, accanto all’efficacia battericida a largo spettro, possiedono capacità virucida (McDonnell & Russell 1999), e riescono a dissolvere i tessuti necrotici molto più efficacemente dei tessuti vitali (Austin & Taylor 1918). Per di più, le soluzioni di ipoclorito di sodio hanno basso costo, sono facilmente disponibili, e rimangono attive sufficientemente a lungo (Frais & Gulabivala 2001). Queste caratteristiche fecero sì che l’ipoclorito di sodio in soluzione acquosa divenisse l’irrigante di scelta in Endodonzia fin dal 1920 (Crane 1920.).

 

Austin & Taylor (1918) e Taylor & Austin (1918) dimostrarono l’azione solvente della soluzione di Dakin sui tessuti non vitali, e notarono che la stessa soluzione induceva solamente un modesto grado di infiammazione sui tessuti normali. Crane (1920) fu il primo ad usare l'ipoclorito di sodio come irrigante canalare.

Grossman & Meiman (1941) dichiararono che l'NaOCl era piu efficace come solvente della polpa rispetto all' idrossido di potassio, all'idrossido di sodio, all'acido solforico e all'acido idrocloridrico.

 

Sono stati proposti per l’uso endodontico altri composti che rilasciano cloro, come la cloramina-T e il dicloroisocianurato di sodio (Lambjerg-Hansen et al. 1982, Heling et al. 2001). Tuttavia queste preparazioni non hanno mai avuto impiego esteso in Endodonzia, e sono riesultate meno efficaci dell’ipoclorito a pari concentrazioni (Naenni et al. 2004, Dychdala 1991, Van Klingeren  et al. 1980).
Tra le diverse caratteristiche che idealmente un irrigante canalare dovrebbe possedere, l’ipoclorito di sodio manca della capacità di rimuovere i residui inorganici, e quindi lo smear-layer. Ma è in grado di fornire tutta la rimanente azione utile, e in particolare è in grado di esercitare una forte azione antibatterica (Olgart 1969, Shih 1970) e un marcato effetto solvente sulla sostanza organica (Senia et al. 1971 ). Buttler & Crawford (1982) segnalarono inoltre la capacità delle soluzioni di NaOCl di distruggere le endotossine batteriche.

 

 

 

 

 

 

 

L’ipoclorito deve le due sue azioni peculiari, capacità antibatterica e azione solvente, al pH fortemente basico ed alla percentuale di cloro libero in soluzione. Va  notato che la quantità di cloro libero in una soluzione di ipoclorito si riduce con il trascorrere del tempo per la presenza di ioni calcio. Questo succede soprattutto nei preparati commerciali per uso domiciliare, che non sono stabilizzati. L’attività dell’ipoclorito di sodio si realizza quando, venendo a contatto con l'acqua, libera acido ipocloroso ed idrossido di sodio. L'acido ipocloroso, a sua volta, libera acido cloridrico ed ossigeno (Siqueira et al. 2002). Il cloro libero svolge la sua azione battericida entrando in combinazione con i principali costituenti protoplasmatici, in particolare con le proteine (Penick & Osetek 1970). Questo legame del cloro con le proteine, se da un lato costituisce il fondamento dell’azione dell’irrigante, dall’altro ha come conseguenza il fatto che l’efficacia della soluzione si esaurisce man mano che il cloro libero viene legato. Ne consegue che durante la fase di detersione è necessaria la frequente reintroduzione di nuova soluzione nel canale, in quanto la presenza di materiale organico, in funzione diretta della quantità di questo, esaurisce progressivamente la quantità di cloro disponibile e quindi l’azione della soluzione.

Il cloro attivo in soluzione acquosa a temperatura ambiente può, in sostanza, essere utilizzato in due forme: ipoclorito (OCl- ) o acido ipocloroso (HOCl). La concentrazione di entrambi può essere espressa come cloro disponibile determinando il potenziale elettrochimico equivalente del cloro elementare (Dychdala 1991).
 

Cl2 + 2e- = 2Cl-


OCl- + 2e- + 2H+ = Cl- + H2O

 


Perciò una mole di ipoclorito contiene 1 mole di cloro disponibile. Lo stato del cloro disponibile dipende dal pH della soluzione. Sopra pH 7.6 la forma prevalente è l’ipoclorito, sotto questo valore la forma prevalente è l’acido ipocloroso (Smith & Martell 1976).
Entrambe le forme sono agenti ossidanti estremamente reattivi. Le soluzioni pure di ipoclorito che sono usate in Endodonzia hanno pH 12 (Frais et al. 2001), e tutto il cloro disponibile è in forma di OCl- . Tuttavia, a identici livelli di cloro disponibile, l’acido ipocloroso hsa maggior potere battericida dell’ipoclorito (Bloomfield & Miles 1979). Un modo per aumentare l’efficacia delle soluzioni di ipoclorito potrebbe quindi essere abbassarne il pH. Si è anche ipotizzato che queste soluzioni siano meno tossiche per i tessuti vitali rispetto alle soluzioni tamponate (Dakin 1915, Cotter et al. 1985). Tuttavia, tamponare la soluzione con bicarbonato rende instabile la soluzione, che si inattiva in meno di una settimana (Cotter et al. 1985). In relazione alla quantità di bicarbonato presente, e perciò del valore del pH, l’efficacia antimicrobica di una soluzione fresca tamponata con bicarbonato è solo leggermante maggiore (Cotter et al. 1985) o sostanzialmente simile (Zehnder et al. 2002) rispetto alle soluzioni non tamponate. Infine, il potenziale caustico delle soluzioni di ipoclorito appare essere influenzato principalmente dal cloro disponibile piuttosto che dal pH o dall’osmolarità (Zehnder et al. 2002).
 

Ci sono stati, e ci sono ancora, pareri controversi circa la concentrazione delle soluzioni di ipoclorito da usare in Endodonzia. Dal momento che la soluzione di ipoclorito di sodio originale di Dakin allo 0.5% era destinata a trattare ferite (ustioni) aperte, è stato ipotizzato che in uno spazio minimo come quello del sistema canalare dovessero essere usate concentrazioni più alte, poichè sarebbero state più efficaci (Grossman 1915).
Il potere antibatterico dell’ipoclorito in soluzione acquosa e la sua capacità di dissolvere il tessuto necrotico sono funzione della sua concentrazione, e quindi della sua tossicità (Spångberg et al. 1973). Negli USA la maggioranza degli odontoiatri usa ipoclorito “a piena concentrazione“ al 5.25%, così come è venduto per uso domestico (Zehnder 2006). Tuttavia, sono stati segnalati fenomeni irritativi in casi in cui è stato spinto nel periapice sotto pressione, o in casi di passaggio in cavo orale (Hülsmann & Hahn 2000). In aggiunta, è stato riportato che le soluzioni al 5.25% provocano riduzione del modulo di elasticità e della resistenza alla flessione della dentina umana significativamente superiore a quella prodotta da soluzione salina, e che questa riduzione che non si verificherebbe con soluzioni allo 0.5% (Sim et al. 2001). Questo potrebbe derivare dall’azione proteolitica dell’ipoclorito concentrato sulle fibre collagene della matrice organica della dentina. La riduzione dei microrganismi all’interno del canale, d’altra parte, non sarebbe molto maggiore impiegando ipoclorito al 5.25% piuttosto che al lo 0.5% (Cvek et al. 1976,  & Sundqvist 1985). Da ossevazioni in vitro sembrerebbe che soluzioni di ipoclorito all’1% siano sufficientemente efficaci da dissolvere tutti i residui pulpari nel corso di una seduta operativa (Sirtes et al. 2005). Si deve essere consapevoli del fatto che, durante le fasi successive di irrigazione, viene continuamente immesso nel sistema canalare ipoclorito fresco, e che quindi la concentrazione della soluzione può non giocare un ruolo decisivo (Moorer & Wesselink 1982). Aree non deterse possono essere il risultato della incapacità delle soluzioni di raggiungere fisicamente le aree stesse, piuttosto che della concentrazione insufficiente (Senia et al. 1971). Basandosi sui dati dell’evidenza disponibili, non vi sarebbe ragione di utilizzare soluzioni di ipoclorito a concentrazioni superiori all’1% in peso/volume. Ma la letteratura riporta pareri assai controversi a riguardo.
Dal momento che tanto la capacità solvente, come il potere battericida dell’ipoclorito di sodio, dipendono dalla concentrazione della soluzione usata, si è cercato di individuare la concentrazione (in un range tra lo 0.5% e il 10%)  ideale di utilizzo dell’ipoclorito, allo scopo di definire valori di compromesso tra la maggiore efficacia da un lato e l'azione meno lesiva possibile sui tessuti periapicali dall'altro, e molti sono anche gli studi che hanno valutato gli effetti dell’impiego combinato di ipoclorito di sodio e di altri agenti irriganti, ma con totale discordanza di risultati e di opinioni. Tra l'altro gli studi sono condotti con protocolli diversi e su substrati differenti, per cui sono spesso mal confrontabili. Ad esempio, il potere solvente è stato valutato in vitro su polpa umana (denti estratti), ma anche polpa bovina, tendini bovini, tessuto muscolare di maiale, parete addominale di topo, in frammenti di varia dimensione, con o senza agitazione, con o senza triturazione meccanica.

Permane discordanza di pareri circa la concentrazione ideale di utilizzo. L'equilibrio da trovare è fra concentrazioni più alte capaci di aumentare l'efficacia dell'azione battericida e solvente, e concentrazioni più basse caratterizzate da una riduzione dell'effetto tossico e irritante delle soluzioni. Vi è discordanza incrociata anche sulla fondatezza di questi timori, poichè molti studi sottolineano l'innocuità delle alte concentrazioni, ed altri l'efficacia delle basse concentrazioni.

 

 

Shih et al. (1970) riportarono che l'NaOCl al 5.25% era germicida in 30 secondi su Streptococcus Faecalis e Staphilococcus Aureus, batteri comunemente presenti in canali infetti e resistenti alle medicazioni intracanalari, ma lo era anche in concentrazioni dello 0.5%, 0.05% e 0.005%.
Spangberg et al. (1973) osservarono che in caso di necrosi capace di portare i batteri all'interno del tubuli era utile un irrigante ad azione antimicrobica; dichiararono che l'NaOCl al 5% era tossico in vitro, e che l'NaOCl allo 0,5% (pH 8,9) dissolveva i tessuti necrotici e non quelli vitali; dichiararono quindi sconsigliabile una concentrazione del 5% ritenendola tossica per le cellule, e suggerirono una concentrazione allo 0.5%; a tale concentrazione la capacità solvente era ridotta, ma l’azione battericida veniva mantenuta.

Nicholls (1977) propose una concentrazione all'1%, in contrasto con quanto riportato da altri studi (Svec & Harrison 1977, Trepagnier et al. 1977) secondo i quali, invece, sotto l'1% ed in particolare allo 0,5% non era possibile dissolvere polpa necrotica nemmeno dopo abbondanti e ripetute irrigazioni.

Trepagnier et al. (1977) rilevarono che i1 maggior grado di dissolvimento della polpa da parte dell'ipoclorito di sodio avveniva entro pochi minuti.

Svec & Harrison (1977) riscontrarono efficace l'azione solvente dell'ipoclorito di sodio al 2.5% e al 5%, non efficace se a concentrazione dello 0.5%.

Hand et al. (1978) riportarono che soluzioni al 5.25% di ipoclorito di sodio esprimevano la massima capacità antibatterica e solvente sul tessuto pulpare.
Thè nel 1979 effettuò uno studio su topi e concluse che la concentrazione al 3% era quella con cui si otteneva la maggiore dissoluzione di ltessuto necrotico entro i 30 minuti.

Koskinen et al. (1980) valutarono l'efficacia di soluzioni tra lo 0.5% ed il 5% e rilevarono un maggior effetto solvente impiegando soluzioni tra il 2.5 e il 5%.

Harrison et al. (1981) rilevarono i che l'NaOCl al 5%, se usato con proprietà, non provocava più dolore post-operatorio di una soluzione salina, e che  era il piu efficace nella rimozione di residui pulpari a detriti dentinali tra gli irriganti impiegati.

 

Un approccio alternativo per aumentare l’efficacia nel sistema canalare delle soluzioni irriganti di ipoclorito potrebbe essere aumentare la temperatura di soluzioni di NaOCl a bassa concentrazione. L’aumento di temperatura migliora la capacità immediata di dissolvere i tessuti (Thé 1979, Cunningham & Balekjian 1980, Abou-Rass & Oglesby 1981). Inoltre, le soluzioni calde di ipoclorito rimuovono meglio i detriti organici dai trucioli di dentina rispetto alle soluzioni non riscaldate (Kamburis et al. 2003). Anche le proprietà antimicrobiche delle soluzioni riscaldate di ipoclorito sono state oggetto di discussione. Fin dal 1936 fu dimostrata l’influenza della temperatura dell’ipoclorito sulla sopravvivenza del Micobacterium Tubercolosis (Costigan 1936). Con le specie testate finora, il potere battericida delle soluzioni di ipoclorito è risultato più che raddoppiato per ogni incremento termico di 5°C, in un intervallo di temperature compreso fra i 5 °C e i 60 °C (Dychdala 1991).
Questo dato fu confermato in uno studio in cui furono utilizzate cellule batteriche di Enterococcus Faecalis in stato stabile planctonico; un incremento di temperatura di 25°C provocava un aumento dell’efficacia di un fattore 100 (Sirtes et al. 2005). La capacità di dissolvere polpa dentale umana dell’ipoclorito all’1% a temperatura di 45 °C fu trovata uguale a quella dell’ipoclorito al 5.25% a 20 °C (Sirtes et al. 2005). D’altra parte, con una efficacia simile a breve termine nel sistema canalare, la tossicità sistemica di soluzioni di NaOCl riscaldate dovrebbe essere inferiore rispetto a quella di soluzioni più concentrate non riscaldate, poiché la temperatura di equilibrio è raggiunta piuttosto rapidamente (Cunningham & Balekjian 1980). Tuttavia non vi sono al momento studi clinici disponibili a supporto definitivo dell’impiego dell’ipoclorito riscaldato.
 

Thè (1979) dimostrò che portando la temperatura dell'ipoclorito di sodio a 35.5°C era possibile ottenere un notevole incremento della sua capacità di dissolvere il tessuto connettivo di ratto. In accordo con questi risultati Cunningham et al. (1980) confrontarono soluzioni di ipoclorito di sodio al 2.6% ed al 5.2% per valutare la capacità di dissolvere collagene bovino a temperatura ambiente (21°C) ed a temperatura corporea (37°C); conclusero che l'ipoclorito di sodio al 2.5% a 37°C aveva potere dissolvente equivalente alla soluzione al 5% a 21°C; la soluzione di NaoCl era stabile al riscaldamento per 4 ore, e dopo 24 ore si alterava nettamente.

I medesimi autori (Cunningham et al. 1980) in un altro studio conclusero che l'aumento di temperatura non influenzava, invece, l'attività battericida, che rimaneva la medesima utilizzando l'ipoclorito di sodio al 5.2% sia a 21°C che a 37°C.

Cunningham & Joseph, tuttavia, esaminarono l'azione battericida dell'ipoclorito di sodio al 2.6% a 22°C e a 37°C su batteri selezionati (Staphilococcus Aureus, Streptococcus Sanguis, Eschirichia Coli, Proteus Vulgaris, Bacillus Subtilis Spores), e conclusero che a 37°C la sterilità veniva raggiunta in un tempo significativamente minore.

 

Un aspetto da considerare è che la massima azione solvente dell'ipoclorito si ottiene quando è possibile realizzare un contatto molto stretto con il materiale organico.

 

Shih et al. (1970) sottolinearono l'assenza di relazione fra attività battericida in vitro e in vivo, poichè il materiale organico poteva impedire il pieno contatto fra NaOCl e germi, ovvero neutralizzare lo stesso NaOCl.

Senia et al. (1971) affermarono che l'NaOCl aveva necessità di ampia superficie di contatto per dissolvere la polpa, e che frammenti di polpa indovati in anfratti o in corrispondenza di un istmo erano al riparo da questa azione; inoltre osservarono che poco NaOCl raggiungeva la regione apicale, e che l'ipoclorito era piu efficace dove il canale era piu ampio.
Gordon
et al. (1981), valutando diverse concentrazioni di ipoclorito di sodio riguardo alla capacità solvente, sottolinearono l'importanza dell'area di contatto tra gli irriganti e il materiale organico e suggerirono che la presenza di sistemi canalari complessi con istmi e ramificazioni era un fattore capace di influenzare il tempo d'azione necessario, aumentandolo.

Hasselgren (1988) giunse alle stesse conclusioni.



La strumentazione meccanica, per l'effetto di triturazione della polpa, è in grado di contribuire ad aumentare la superficie di contatto fra l'irrigante ed il tessuto.

 

 

Shih et al. (1970) dichiararono che la strumentazione meccanica non era di per sè in grado di eliminare i batteri dal canale; aggiunsero che la coltura negativa non indicava sterilità ma piuttosto riduzione marcata del numero dei batteri residui, i quali, annidati nei tubuli, tendevano se non incarcerati, a moltiplicarsi nuovamente nel lume del canale; affermarono la necessità di una medicazione canalare fra una seduta operativa e l'altra.

 

E’ stata anche consigliata l’attivazione ultrasonica dell’ipoclorito di sodio, per “accelerare le reazioni chimiche, creare effetti di cavitazione, e produrre una più efficace detersione” (Martin 1976). Tuttavia i risultati ottenuti comparando l’impiego di ipoclorito attivato ultrasonicamente con l’impiego convenzionale in assenza di ultrasuoni sono contradditori, sia per quanto concerne la pulizia ottenuta del canale (Ahmad et al. 1987, Abbott et al. 1991, Cheung & Stock 1993, Jensen et al. 1999) che per quanto riguarda la riduzione del numero dei microrganismi rimasti nel sistema canalare dopo le procedure di detersione e sagomatura (Barnett et al. 1985, Sjögren & Sundqvist 1987). Gli effetti osservati dell’attivazione ultrasonica, se presenti, sono stati riscontrati relativamente scarsi. Inoltre, la natura di questi effetti non è chiara (Walmsley 1987). E’ stato suggerito l’impiego di un file endosonico N° 15 ISO, connesso a un manipolo ultrasonico e portato alla distanza di 1 mm dall’apice, per ottenere attivazione passiva dell’irrigante (Martin H, Cunningham W. Endosonics—the ultrasonic synergistic system of endodontics. Endod Dent Traumatol 1985; 1: 201-6.). Usando questi dispositivi in prove di laboratorio, non fu osservato alcun fenomeno di cavitazione in recipienti rettangolari in vetro (Ahmad et al. 1987). Per cui l’attivazione dell’ipoclorito fu attribuita principalmente al flusso sonico (acustico), cioè al movimento di fluidi, simile a quello provocato da vortici, che si verificava vicino al file endosonico (Ahmad et al. 1987). D’altra parte, in canali radicolari simulati, sia flusso acustico che cavitazione stabili possono verificarsi in grado variabile, in relazione al contatto fra il file e le pareti canalari (Roy et al. 1994). Tuttavia, le modalità di attuazione del flusso acustico nell’ambiente ristretto del sistema canalare, con la sua complessa superficie interna e i patterns imprevedibili delle riflessioni d’onda , rimangono non chiarite (Krell & Johnson 1988) . In nessuno degli studi citati sono state controllate le temperature delle soluzioni. Gli ultrasuoni producono calore (Nyborg 1965), e potrebbero semplicemente per questo rendere l’ipoclorito leggermente più attivo. Nondimeno, un diretto effetto ultrasonico sulla detersione canalare è stato riportato (Van der Sluis et al. 2005). Se deve essere utilizzata attivazione ultrasonica dell’ipoclorito, è importante che lo strumento ultrasonico sia impiegato dopo che la preparazione del canale è stata ultimata. Uno strumento libero di oscillare nella soluzione irrigante produrrà più effetti ultrasonici di uno strumento bloccato tra le pareti del canale (Roy et al. 1994). Per di più, i files ultrasonici possono causare un’azione di taglio incontrollata sulle pareti canalari, specialmente se usati durante la preparazione (Stock 1991). Per cui appare preferibile inserire un sottile strumento non tagliente in modo controllato solo dopo che la preparazione del canale è stata terminata (Mayer et al. 2002) (Van der Sluis et al. 2005). Recentemente sono stati resi disponibili inserti lisci da utilizzare con dispositivi ultrasonici. Non sono ancora disponibili dati a riguardo.
Dovrebbe essere preso in considerazione il fattore “tempo” (Sjögren & Sundqvist 1987), quando si considera l'irrigazione durante l’attività clinica. Persino sostanze antibatteriche ad azione rapida come l’ipoclorito di sodio richiedono un adeguato tempo di contatto per produrre i loro effetti (Peters 2004). Ciò dovrebbe essere considerato soprattutto in relazione al fatto che le tecniche di preparazione rotante con strumenti in Ni-Ti hanno reso più veloce la preparazione del canale (McDonnell & Russell 1999). Il tempo ideale di permanenza nel sistema canalare di una soluzione di ipoclorito ad una determinata concentrazione non è stato ancora stabilito.

 

Curiosamente, Senia et al. (1971) affermarono che il prolungamento del tempo di irrigazione con ipoclorito di sodio da 15 a 30 min non migliorava il risultato.

 


Un altro parametro da considerare per la valutazione dei tempi d'azione dell'irrigante è il tipo di tessuto presente (Abou-Rass
et al. 1981): infatti il tessuto fresco si dissolve rapidamente, il tessuto necrotico richiede più tempo, ma soprattutto il tessuto fissato (ad esempio con prodotti a base di formaldeide o paraclorofenolo) richiede molto tempo per essere dissolto.

 

 

Polpa fresca

Polpa fissata

 

 

Per quanto concerne l’uso combinato di ipoclorito di sodio ed altre soluzioni irriganti, sono state espresse opinioni favorevoli (Grossman 1970, 1981) all'effettuazione di lavaggi canalari alternati di NaOCl e di H2O2. Ma è stato anche sostenuto (Thè 1979) che l'uso alternato di ipoclorito di sodio e di perossido di idrogeno riduce notevolmente l'attività della prima sostanza.

 

 

Senia et al. (1971) rilevarono, in seguito all'uso alternato di H2O2 e di NaOCl, una diluizione dell'ipoclorito di sodio con riduzione della sua capacità solvente; osservarono inoltre che l'effervescenza provocata dallla commistione fra H2O2 e NaOCl formava bolle di gas che riducevano la superficie di contatto con i substrati organici.

Baker et al. (1975) esaminarono, in 48 elementi monoradicolati strumentati manualmente, l'azione di numerosi irriganti, impiegati singolarmente o in associazione: NaOCl allo 0.5-1-3 %, soluzione fisiologica, perossido di idrogeno al 3%, perossido di urea al 10% in combinazione con glicerolo anidro, RC-Prep (perossido di urea al 10% + EDTA al 15%), EDTA al 15%; osservarono liberazione di ossigeno per contatto fra H2O2 ed NaOCl, e fra RC-Prep ed NaOCl; residuavano piu detriti nelle aree coronali; l'NaOCl all'1% non dissolveva la polpa piu di altri irriganti; gli agenti chelanti alteravano la morfologia della dentina; piu detriti venivano rimossi da maggiori quantità di irrigante; un soggiorno piu prolungato dell'irrigante non migliorava il risultato.

Thè (1979) immerse campioni di tessuto necrotico di topo sia in soluzioni di ipoclorito di sodio a diverse concentrazioni, sia alternativamente in ipoclorito di sodio e acqua ossigenata; osservò che entro 30 minuti la soluzione più efficace nella rimozione del tessuto necrotico era l'ipoclorito di sodio al 3%, e che l'uso di questo alternato all'acqua ossigenata ne riduceva notevolmente l'attività.

Svec & Harrison (1981) osservarono che l'irrigazione alternata con NaOCl e con sostanze ossigenate non forniva migliori risultati rispetto alla sola irrigazione con NaoCl; si liberava tuttavia ossigeno nascente che generava effervescenza, la quale a sua volta agiva sollevando detriti.

Hata (2001) rilevò che l’irrigazione combinata con ipoclorito di sodio ed acqua ossigenata producava nella rimozione dello smear layer effetti simili a quelli ottenuti combinando l’azione dell'EDTA al 15 % con quella dell'ipoclorito di sodio al 5%.

 

 

Ipoclorito di Sodio - Chimica e Azione Disinfettante

 

 

 

PEROSSIDO DI IDROGENO

 

 

Come irrigante l'H2O2 è usata di solito al 3% e possiede pertanto una blanda azione antibatterica.  Un'altra sua caratteristica è quella di possedere una debole azione sbiancante.
L'acqua ossigenata può però determinare un effetto irritante sui tessuti a livello periapicale per la liberazione di O2 (
Shiozawa 2000). L'impiego dell’acqua ossigenata va quindi evitato nei denti con apice immaturo o con apice riassorbito da un processo flogistico apico-periapicale. In presenza di forame apicale di grande diametro esiste il rischio di creare fenomeni di tipo enfisematoso con conseguente tumefazione e dolore (Kaufman 1981).
Alcuni studi in letteratura hanno esaminato l'uso alternato di l'ipoclorito di sodio e ac
qua ossigenata: il contatto fra le due soluzioni, con conseguente liberazione di radicali OH- e di O2, produce un’azione antibatterica oltre ad una effervescenza marcata; quest’ultima consentirebbe un trasporto più efficace di detriti rispetto a quanto si può ottenere con la sola H2O2 (
Svec & Harrison 1981).

L’uso combinato con l'ipoclorito comporta però anche la sommazione degli effetti irritativi delle soluzioni ed un maggior rischio di fenomeni di infiltrazione gassosa dei tessuti. Inoltre è opinione diffusa che l’ipotetico vantaggio di un esaltato effetto antibatterico e solvente derivante dall’uso contemporaneo dei due irriganti possa essere vanificato dalla diluizione dell’ipoclorito con l’H2O2.

 

Senia et al. (1971) rillevarono, in seguito all'uso alternato dei due irriganti, una diluizione dell'ipoclorito di sodio con riduzione della sua capacità solvente; osservarono inoltre che l'effervescenza provocata dallla commistione fra H2O2 e NaOCl formava bolle di gas the riducevano la superficie di contatto con i substrati organici.

Baker et al. (1975) esaminarono, in 48 elementi monoradicolati strumentati manualmente, l'azione di numerosi irriganti, impiegati singolarmente o in associazione: NaOCl allo 0.5-1-3 %, soluzione fisiologica, perossido di idrogeno al 3%, perossido di urea al 10% + glicerolo anidro, RC-Prep (perossido di urea al 10% + EDTA al 15%), EDTA al 15%; osservarono liberazione di ossigeno per contatto fra H2O2 ed NaOCl, e fra RC-Prep ed NaOCl; residuavano piu detriti nelle aree coronali; l'NaOCl all'1% non dissolveva la polpa piu di altri irriganti; gli agenti chelanti alteravano la morfologia della dentina; piu detriti vengono rimossi da maggiori quantità di irrigante; un soggiorno piu prolungato dell'irrigante non migliorava il risultato.
Thè (1979) immerse campioni di tessuto necrotico di topo sia in soluzioni di ipoclorito di sodio a diverse concentrazioni, sia alternativamente in ipoclorito di sodio e acqua ossigenata; osservò che entro 30 minuti la soluzione più efficace nella rimozione del tessuto necrotico era l'ipoclorito di sodio al 3%, e che l'uso di questo alternato all'acqua ossigenata ne riduceva notevolmente l'attività.

Svec & Harrison (1981) osservarono che l'irrigazione alternata con NaOCl e con sostanze ossigenate non forniva migliori risultati rispetto alla sola irrigazione con NaoCl; si liberava tuttavia ossigeno nascente che generava effervescenza, la quale a sua volta agiva sollevando detriti.
Hata (2001) rilevò che l’irrigazione combinata con ipoclorito di sodio ed acqua ossigenata produceva nella rimozione dello smear layer effetti simili a quelli ottenuti combinando l’azione dell'EDTA al 15 % con quella dell'ipoclorito di sodio al 5%.

 

 

 

CHELANTI

 

 

Sebbene l’ipoclorito di sodio rappresenti l’irrigante di scelta, non può dissolvere la componente inorganica della dentina e prevenire la formazione di smear-layer durante la strumentazione del canale (Lester & Boyde 1977).

Per di più, si incontrano frequentemente nel sistema canalare calcificazioni che ostacolano la strumentazione. Sono quindi stati raccomandati agenti demineralizzanti come l’acido etilen-diamino-tetra-acetico (EDTA) (Nygaard Östby 1957) e l’acido citrico (Loel 1975). Si tratta di agenti biocompatibili e comunemente impiegati in prodotti per la cura della persona (Coons et al. 1987). Sebbene l’acido citrico appaia leggermente più attivo dell’EDTA a concentrazioni simili, entrambi gli agenti sono molto efficaci nella rimozione dello smear-layer (Zehnder et al.  2005). Al di là della capacità pulente che sono in grado di esercitare, i chelanti possono anche determinare il distacco di biofilms adesi alle pareti canalari. Questo può spiegare perché un irrigante a base di EDTA si sia dimostrato molto superiore alla soluzione salina nel ridurre la flora microbica endocanalare (Yoshida et al. 1995), nonostante il suo potere antisettico sia relativamente limitato (Patterson 1963). Sebbene non vi siano prove scientifiche sula base di studi clinici randomizzati, un protocollo di irrigazione che alterni NaOCl ed EDTA può essere ragionevolmente ritenuto più efficace nel ridurre la carica batterica rispetto alla sola soluzione salina ( & Sundqvist 1985). Antisettici come derivati dell’amminio quaternario (EDTAC) (Nygaard Östby 1957) o antibiotici come le tetracicline (MTAD) (Torabinejad et al. 2003; 29: 170-5.) sono stati addizionati all’EDTA e all’acido citrico, rispettivamente, per aumentare la loro efficacia antimicrobica. Il valore clinico di queste associazioni, tuttavia, è discutibile. L’EDTAC rimuove lo smear-layer con la stessa efficacia dell’EDTA, ma l’EDTAC è più caustico (Patterson 1963). Per quanto riguarda il MTAD, la resistenza alle tetracicline non è infrequente in batteri isolati dai canali radicolari (Dahlén et al. 2000). In generale, l’uso degli antibiotici al posto di agenti biocidi come l’ipoclorito o la clorexidina risulta ingiustificato, dal momento che i primi sono stati sviluppati in funzione dell’uso sistemico piuttosto che per l'uso topico, ed hanno uno spettro d’azione di gran lunga più limitato rispetto ai secondi (McDonnell & Russell 1999).
Gli agenti chelanti possono essere utilizzati in forma liquida o in pasta (Hülsmann et al. 2003). Le preparazioni in pasta risalgono al 1961, quando Stewart mise a punto una combinazione di perossido di urea con glicerolo (Stewart 1961). Più tardi, sulla base dei risultati di quel primo studio preliminare e della successiva utilizzazione clinica dell’EDTA (Nygaard Östby 1957), il perossido di urea e l’EDTA furono combinati utilizzando come veicolo il polietilenglicole, solubile in acqua (Stewart et al. 1969). Questo prodotto da allora è stato commercialmente disponibile. Paste chelanti simili contenenti EDTA e perossidi sono state successivamente prodotte da vari fabbricanti. Tuttavia, nessuna di queste paste dovrebbe essere utilizzata, dal momento che non sono efficaci per prevenire la formazione di smear-layer (Hülsmann et al. 2003). Sorprendentemente, alcuni studi hanno riportato che, invece che ridurre lo stress fisico sugli strumenti rotanti come è stato descritto, i lubrificanti contenenti polietilenglicole o non avrebbero effetto o, in dipendenza del disegno dello strumento, avrebbero effetto negativo (Peters et al. 2005; 38: 223-9.).
Un aspetto importante relativo alle sostanze chelanti correntemente disponibili, cioè EDTA e acido citrico, è che interagiscono intensamente con l’ipoclorito di sodio (Baumgartner & Ibay 1987). Tanto l’EDTA che l’acido citrico riducono immediatamente il cloro disponibile in soluzione, rendendo l’ipoclorito di sodio inefficace su batteri e tessuto necrotico (Zehnder et al. 2005). Per cui l’acido citrico e l’EDTA non dovrebbero mai essere mescolati con ipoclorito di sodio. Lo stesso vale per le preparazioni di EDTA in pasta: in rapporto di 1:10, inattivano immediatamente tutto l’ipoclorito di una soluzione all’1% (Girard et al. 2005). L’effervescenza, che viene citata per giustificare l’uso combinato di questi prodotti, dimostra solo che si verifica una reazione fra ipoclorito di sodio da un lato, ed EDTA e perossido di idrogeno ( se contenuto nel chelante in pasta) dall'altro, risultante nell’evaporazione di gas (Baumgartner & Ibay 1987). L’ossigeno evapora da soluzioni acquose in cui ipoclorito e perossido vengono in contatto, e gas di cloro e ossigeno evaporano quando l’ipoclorito viene in contatto con EDTA o acido citrico (Baumgartner & Ibay 1987). Non è mai stato dimostrato che questa reazione produca un effetto fisico detergente.
L’idrossietildienbifosfonato (HEBP), definito anche etidronato, è un agente decalcificante che mostra solo una piccola interferenza a breve termine con l’ipoclorito di sodio. E’ stato proposto come alternativa possibile all’acido citrico o all’EDTA (Zehnder et al. 2005). L’HERP previene l’assorbimento osseo ed è usato sistemicamente in pazienti che soffrono di osteoporosi o Morbo di Paget (Russell & Rogers 1999). Non vi sono al momento prove scientifiche che dimostrino che questa sostanza può avere fornire contributo positivo all’irrigazione, o ridurne la durata mantenendone l'efficacia.
 

 

LO SMEAR-LAYER

 

Mc Comb et al. (1975) furono tra i primi ricercatori a descrivere lo smear-layer (fango dentinale). La formazione dello smear layer si deve all’azione di taglio meccanico della dentina da parte degli strumenti endodontici: i detriti prodotti si stratificano sulla superficie interna delle pareti canalari (Goldman et al. 1981, 1982).
Lo smear-layer risulta costituito da due componenti:
- uno strato sottile di spessore medio di 1 o 2
mm che riveste le pareti canalari
- una componente che penetra all'interno dei tubuli dentinali costituendo gli smear-plugs, tappi profondi circa 40
mm (Mader et al. 1984).

 

Sono comprese nello smear-layer sia particelle organiche che particelle inorganiche. La componente organica è rappresentata da tessuto pulpare vitale o necrotico, batteri, processi odontoblastici e cellule ematiche (Mc Comb et al. 1975, Goldman et al. 1982), mentre la componente inorganica consiste in tessuto calcificato (Mc Comb et al. 1975, Moodnik et al. 1977, Goldman et al. 1981, 1982).

Molte opinioni sono state espresse sul possibile ruolo dello smear-layer e sulla necessità o meno di una sua rimozione dalle pareti del canale radicolare.

Lester & Boyde (1977) affermarono che lo smear-layer tendeva ad occludere i tubuli, e che se si desiderava rimuoverlo andava impiegato EDTA.

Se è vero che vi sono stati sostenitori della necessità di non rimuoverlo, in quanto ritenuto capace di un'azione isolante, di ostruzione dell'imbocco dei tubuli dentinali e di impedimento alla penetrazione batterica (Vojinovic et al. 1973), va anche detto che opinioni successive hanno spesso contraddetto questo orientamento. Fu ad esempio sostenuto (Olgart et al. 1974) che gli acidi prodotti dai microrganismi potessero dissolvere lo smear-layer e consentire comunque la penetrazione nei tubuli dentinali. Fu documentata all'interno dello smear-layer la presenza di batteri e la loro moltiplicazione con produzione di tossine (Brännström & Nyborg 1974). Fu anche considerata negativa la presenza dello smear-layer in quanto ostacolo alla penetrazione nei tubuli, e quindi all'azione, degli irriganti e di medicamenti eventualmente introdotti nel canale (Mc Comb et al. 1975, Moodnik et al. 1977, Baumgartner & Cuenin 1992). Del resto William & Goldman (1985) dichiararono che lo smear-layer rallentava solamente la penetrazione di microrganismi, senza quindi ostacolarla, e che lo smear-layer che si trovava sulle pareti canalari dopo la strumentazione endodontica poteva contenere residui di polpa necrotica e batteri. Successivamente anche Orstavik & Haapasalo (1990) sottolinearono l'importanza della pervietà dei tubuli dentinali, sostenendo che la presenza dello smear-layer impediva il passaggio di medicamenti all'interno dei tubuli stessi e riduceva i conseguenti effetti antibatterici. Allo stesso modo lo smear-layer  fu considerato ostacolo al buon adattamento del materiale da otturazione alle pareti canalari (White et al. 1984, Kennedy et al. 1986, Gençoglu et al. 1993) .

In alcuni studi (Yamada et al. 1983; Baumgartner & Mader 1987) fu sostenuta la tesi che l'EDTA usato da solo non sarebbe stato in grado di rimuovere completamente lo smear-layer. Molti autori hanno espresso opinioni favorevoli all'utilizzo combinato di EDTA e di ipoclorito di sodio (in quest’ordine). Goldman et al. (1981) Yamada et al. (1983) dichiararono che la maggiore efficacia nella rimozione dello smear-layer si otteneva con l’uso contemporaneo di EDTA e di ipoclorito di sodio. Questo effetto è probabilmente dovuto al fatto che l'azione di dissoluzione delle sostanze organiche prodotta dall'ipoclorito di sodio è maggiore dopo che l'EDTA ha demineralizzato la parte inorganica dello smear-layer, ed ha lasciato esposta quella organica. Anche Bystrom & Sundqvist (1985) consigliarono un uso alternato degli irriganti in funzione di una maggiore azione antibatterica. Favorevoli all’uso combinato di NaOCl ed EDTA anche Baumgartner & Mader (1987).  Berutti et al. (1997) consigliarono l’uso associato di EDTA al 10%, di un tensioattivo e di ipoclorito di sodio al 5%, ritenendo questa associazione ottimale per la disinfezione dei tubuli dentinali: il tensioattivo che doveva essere utilizzato dopo l'EDTA aveva la funzione di facilitare la penetrazione dell'ipoclorito di sodio nei tubuli dentinali; la concentrazione dell’EDTA fu stabilita al 10% per ovviare all’azione dell'ipoclorito di sodio, capace di modificare in parte il titolo dell'EDTA portandolo al 4,5%; questo titolo fu considerato ideale per un'azione efficace ma non eccessivamente demineralizzante delle pareti canalari, che avrebbe potuto essere invece determinata da concentrazioni maggiori.
Brännström et al. (1974) osservarono che impiegando una soluzione di benzalconio cloruro e di EDTA allo 0,2% si otteneva una detersione accettabile delle superfici canalari , ma che soltanto lo strato più superficiale dello smear-layer veniva rimosso, mentre gli smear-plugs erano ancora presenti a livello dei tubuli dentinali. Goldman et al. (1982) e Yamada et al. (1983) osservarono che l'irrigazione  in successione con EDTA al 17% e di NaOCl, al termine della strumentazione, era in grado di rimuovere completamente lo smear-layer. Baumgartner et al. (1984) indicarono nell’acido citrico l’agente chimico che, utilizzato durante la strumentazione, da solo od in combinazione con l'ipoclorito di sodio, era maggiormente efficace rispetto all'uso del solo ipoclorito di sodio nel rimuovere lo smear-layer. Baumgartner & Mader (1987) tuttavia successivamente riportarono che la maggiore efficacia si aveva invece con l'uso alternato, durante la strumentazione canalare, di ipoclorito di sodio al 5,25% ed EDTA al 15%: risultava una perfetta pulizia del canale radicolare con assenza di detriti organici ed inorganici, in presenza di tubuli dentinali aperti. Garberoglio et al. (1994) presero in considerazione concentrazioni di EDTA al 3%: a tali concentrazioni l'EDTA presentava nella rimozione del fango dentinale la stessa efficacia dell'acido fosforico o dell'acido citrico al 17%, senza peraltro produrre quella accentuata demineralizzazione della dentina e dei tubuli dentinali che si poteva osservare dopo l'uso dell'acido fosforico o citrico al 17%. Liolos et al. (1997) osservarono che l'EDTA al 15%, usato come lavaggio finale al termine della strumentazione, aveva la medesima efficacia dell'EDTA al 3% nella rimozione dello smear-layer, mentre l’acido citrico al 50% dava luogo ad una azione insoddisfacente. O'Connell et al. (2000) valutarono  concentrazioni al 15% di di sodio EDTA (PH 7.1; aggiustato con ipoclorito di sodio), al 15% di tetrasodio EDTA (PH 7.1; aggiustato con acido cloridrico) e al 25% di tetrasodio EDTA (PH 7.1; aggiustato con acido cloridrico): tutte le soluzioni in combinazione con ipoclorito di sodio permisero una rimozione completa dello smear-layer a livello del terzo coronale e medio, mentre a livello del terzo apicale furono meno efficaci e fu osservato un sottile strato residuo di smear-layer.
Gutierrez et al. (1990) ottennero migliore rimozione dello smear layer irrigando con acqua distillata ed effettuando un lavaggio finale con EDTA al 17%, piuttosto che irrigando con NaOCl ed H2O2 per poi effettuare lavaggio finale con EDTA al 17% ed NaOCl al termine della strumentazione: gli autori ipotizzarono che lo smear layer che si formava sotto irrigazione con acqua distillata avesse una struttura meno compatta e fosse più friabile di quello che si formava utilizzando NaOCl.
Relativamente al tempo di applicazione necessario perché l’EDTA produca un’azione efficace si trovano pareri differenti. Goldberg & Spielberg (1982) riportarono che il tempo di permanenza ideale dell'EDTA era di circa 15 minuti. Yamada et al. (1983), invece, sostennero che pochi secondi fossero sufficienti. Meryon et al. (1987) dimostrarono che lo smear-layer era completamente rimosso dall'EDTA al 10% in un minuto, e che ne conseguiva un incremento del diametro degli imbocchi tubularie. Anche Cergneux et al. (1987) ottennero risultati simili dopo applicazione di EDTA al 15% per 4 minuti.
Altri lavori hanno esaminato gli effetti dell'EDTA sulla struttura dentinale. Kennedy et al. (1986) suggerirono che dalla rimozione dello smear-layer impiegando REDTA (EDTA 17%, Cetrimide per ridurre la tensione superficiale,acqua e idrossido di sodio) potesse risultare più evidente apertura dei tubuli dentinali nei denti più "giovani", che in quelli più "vecchi" caratterizzati da tratti di dentina maggiormente sclerotica del terzo medio ed apicale. Baumgartner & Mader (1987) riferirono che l'uso combinato di EDTA e di ipoclorito di sodio aveva causato una progressiva dissoluzione di dentina peritubulare ed intertubulare. Anche Cergneux et al. (1987) e Garberoglio & Becce (1994) sottolinearono gli effetti erosivi dell'EDTA. Çalt et al. (2002) indagarono gli effetti tempo dipendenti dell'EDTA sulla struttura dentinale, osservando il risultato dell'azione di 10 ml di EDTA al 17% dopo uno e dieci minuti di applicazione (ed effettuando poi una irrigazione con 10 ml di ipoclorito di sodio: già dopo un minuto si otteneva la rimozione completa dello smear-layer, mentre dopo dieci minuti di applicazionesi verificava una eccessiva erosione della struttura intertubulare e peritubulare.



 

 

Parete dentinale dopo strumentazione

e irrigazione con soluzione fisiologica

Parete dentinale dopo strumentazione

e irrigazione con NaOCl 5.25%

Parete dentinale dopo strumentazione,

irrigazione con NaOCl 5.25% ed EDTA 17%

 

 

 

 

COMPOSTI DELL'AMMONIO QUATERNARIO

 

 

Sio tratta di detergenti cationici capaci di ridurre la tensione superficiale, con blando potere antibatterico (inattivato da presenza di proteine), quasi nullo potere solvente. Sono in parte n parte tossici ed irritanti.

 

 

 

AMINOQUINALDINIUM DIACETATO

 

 

Si tratta di un composto simile ai derivati dell'ammonio quaternario, surfactante, antibatterico ad ampio spettro (non inibito da presenza di proteine), che dissolve la matrice organica della dentina e in misura minore la matrice inorganica, dotato di citotossicità lieve, con pH neutro (Kaufman et al. 1978). Una versione commerciale è il Salvizol (Ravens, Konstanz, Germany),  aminoquinaldinumdiacetato al 5% a pH 6.6.

 

Kaufman et al. (1978) confrontarono l'EDTAC (EDTA + Cetavlon/formula Nygaard-Östby) e il Salvizol; il Salvizol fornì risultati soddisfacenti di pulizia del canale, dissolse la matrice organica della dentina, a differenza di EDTAC non alterò la dimensione e la forma dei tubuli, dimostrò maggior potere pulente rispetto all'EDTAC, e fu in grado di evidenziare il fronte di demineralizzazione della dentina.
 

Spångberg et al. (1978) Esaminarono il Salvizol allo 0,6% (aminoquinaldinium diacetato), l’EDTAC (EDTA + Cetavlon/formula Nygaard-Östby) e l’IKI (Ioduro di potassio iodato) al 2%, valutandone tossicità (su cellule L dopo 4 ore di contatto) e potere irritante (effetto su permeabilità capillare dopo iniezione intra-dermica); il Salvizol dimostrò tossicità locale e potere irritante non superiore allo Ioduro di potassio iodato; in soluzione acquosa dimostrò maggior potere pulente rispetto all'EDTAC.

Koskinen et al. (1980) immersero polpa bovina, che è paragonabile alla polpa umana ma fornisce  più tessuto disponibile, a 37°C in varie soluzioni fra cui EDTAC, Salvizol diacetato (allo 0.5% e allo 0.05%), NaOCl (allo 0.5%, 2.5% e 5%); determinarono la quantità di tessuto dissolto attraverso il dosaggio dell'idrossiprolina e del fosfato; determinarono il residuo insolubile
attraverso il dosaggio dell'idrossiprolina e del peso del residuo secco; l'NaOCl al 2,5% e al 5% fu di gran lunga il piu efficace come solvente, mentre impiegato allo 0,5% produsse azione molto scarsa; il Salvizol diacetato allo 0,5% a allo 0,05% dimostrò scarsa azione.
 

 

 

 

 

SOSTANZE IODATE

 

L'azione è antisettica. Non possiedeono azione proteolitica.

 

Spangberg et al. (1973) dichiararono che erano soprattutto desiderabili irriganti ad azione proteolitica, in grado di facilitare la sagomatura a la detersione dei canali radicolari, e che gli antisettici iodofori e i derivati basici dell'ammonio quaternario erano tossici ed irritanti, e si sarebbe dovuto evitarne l'impiego.

 

 

 

SOLUZIONI ANTIBIOTICHE

 

 

Senia et al. (1971) dichiararono che gli antibiotici inducono reazioni allergiche, tossiche, carcinogenetiche, e non andavano utilizzati come irriganti canalari.

 

 

 

 

PROTOCOLLI DI IRRIGAZIONE

 

 

I prodotti chimici usati per pulire i canali infetti dovrebbero essere utilizzati in modo tale che essi possano esprimere la loro piena potenzialità antibatterica, piuttosto che inattivarsi reciprocamente. Quindi, se si impiega una soluzione di ipoclorito durante la strumentazione, si dovrebbe evitare che la sua efficacia venga ridotta dall'uso simultaneo di EDTA o acido citrico. I canali dovrebbero rimanere sempre riempiti di ipoclorito del sodio. Ciò aumenterà sia il tempo di contatto con l'irrigante che l'efficacia di taglio degli strumenti (Yguel-Henry et al. 1990). Inoltre il carico di torsione sugli strumenti rotanti in nichel-titanio diminuirà (Peters et al. 2005) se il canale è riempito con fluidi piuttosto che mantenuto asciutto. E' stato dibattuto il tema della corrosione degli strumenti come conseguenza del contatto prolungato con l'ipoclorito (Kuphasuk et al. 2001). Sommergere gli strumenti per ore in una soluzione di ipoclorito induce corrosione (O’Hoy et al. 2003), e tuttavia non ci si deve aspettare alcun effetto negativo come conseguenza dei brevi periodi di contatto che si realizzano quando uno strumento viene utilizzato in un canale radicolare pieno di ipoclorito (Haikel et al. 1998).

Dopo ogni strumento utilizzato, i canali dovrebbero essere irrigati copiosamente con ipoclorito. Una volta che la sagomatura è completata, i canali possono essere risciacquati abbondantemente con EDTA acquoso o acido citrico. Non esistono indicazioni precise supportate da evidenza scientifica circa i tempi da rispettare nella procedura (Hülsmann et al. 2003). Ogni canale è risciacquato generalmente per almeno 1 minuto usando da 5 a 10 ml di soluzione chelante. Deve essere sottolineato che l'esposizione prolungata forti chelanti come l'EDTA può indebolire la dentina della radice (Calt & Serper 2002), dal momento che durezza e modulo di elasticità della dentina variano funzione del suo contenuto minerale (Angker et al. 2005).
Dopo la procedura di rimozione dello smear-layer, sembra utile un'irrigazione finale con una soluzione antisettica (Yamada et al. 1983). La scelta dell'irrigante finale dipende dal passaggio successivo del trattamento, cioè dal fatto che si intenda o meno utilizzare una medicazione intermedia. Se èprevisto l'uso di idrossido di calcio come mediacazione intermedia, l'irrigazione finale dovrebbe essere effettuata con ipoclorito del sodio, dal momento che questi due prodotti chimici sono perfettamente complementari (Zehnder et al. 2003). Sembra persino che mescolando la polvere di idrossido di calcio con la soluzione irrigante di ipoclorito di sodio, piuttosto che con soluzione fisiologica, si ottenga una medicazione intermedia più efficace (Zehnder et al. 2003).
Se si ritiene che le pareti del canale siano state ripulite dai detriti, e se l'intenzione è di effettuare l'otturazione canalare o di utilizzare un gel di clorexidina come medicazione intermedia (Siqueira & de Uzeda 1997), la dissoluzione necrotica del tessuto non costituisce più il problema. In questi casi possono essere impiegati prodotti chimici diversi dall'ipoclorito di sodio, e la clorexidina sembra essere l'agente più promettente da usare come irrigante finale. La clorexidina ha un'affinità per i tessuti dentali duri (Rölla et al. 1970) e una volta legatasi ad una superficie, presenta prolungata attività antimicrobica, un fenomeno denominato azione residua (Rölla et al. 1971, Parsons et al. 1980). L'azione residua non si osserva con l'ipoclorito di sodio (Dametto et al. 2005).
In uno studio clinico randomizzato, una soluzione di clorexidina al 2%, usata come un irrigante finale, ridusse significativamente la carica batterica in canali radicolari che erano stati irrigati con ipoclorito di sodio durante la preparazione canalare (Zamany et al. 2003). Tuttavia, l'irrigazione finale con clorexidina fu confrontata con una irrigazione finale con soluzione salina sterile, e quindi rimane non chiarito se questa scelta sia preferibile al tradizionale lavaggio finale con ipoclorito. Altri studi clinici hanno segnalato un effetto positivo dell'infiltrazione del sistema canalare con ioduro del potassio per 5-10 minuti, dopo preparazione chemiomeccanica (Peciuliene et al. 2001, Kvist et al. 2004). Anche in questi studi, tuttavia, non è stato usato l'ipoclorito nel gruppo controllo. Ad ogni buon conto, una irrigazione finale con una soluzione di clorexidina appare vantaggiosa, specialmente nei ritrattamenti, dove ci si deve aspettare che nel sistema canalare si trovi un'alta percentuale di batteri Gram+. Va tenuto presente che se è ancora presente ipoclorito nel canale, la clorexidina eventualmente aggiunta precipiterà in forma di massa rosso-brunastra. Quindi l'rrigazione con clorexidina deve essere copiosa e prolungata, se si vuole ottenere una efficace azione antibatterica e se si vuole evitare la discolorazione del dente provocata dai precipitati menzionati. In alternativa, il canale dovrebbe essere asciugato usando coni di carta assorbente, prima del lavaggio finale con clorexidina.
 


ASPETTI TECNICI DELL'IRRIGAZIONE CANALARE


La penetrazione di un irrigante nel sistema canalare è funzione del diametro dell'ago rispetto alla dimensione della preparazione (Ram 1977). Quindi, pur mancando ancora evidenza scientifica, l'introduzione di un ago sottile, con una punta di sicurezza, a lunghezza di lavoro o a 1 millimetro di distanza da essa, rappresenta un approccio interessante per migliorare l'efficacia dell'irrigazione nella zona apicale infetta di denti non vitali con radiotrasparenza apicale. Dovrebbe essere tenuto presente che durante l'irrigazione la soluzione non procede apicalmente oltre 1 millimetro rispetto alla punta. Quindi la dimensione apicale della preparazione diviene il parametro da considerare (McGurkin-Smith et al. 2005). Se si usa un ago di calibro 30, la preparazione apicale dovrebbe essere corrispondente a misure ISO 35-40 se si vuole assicurare irrigazione adeguata all'area apicale.
 


CONCETTI ALTERNATIVI

 

Quanto detto precedentemente fornisce una sintesi di alcuni protocolli semplici e di alcuni irriganti commercialmente disponibili per la detersione chimica del sistema canalare. Ciò non significa che non ci possano essere altre possibilità biologicamente accettabili per detrgere e decontaminare il sistema canalare. Tuttavia, va sottolineato che negli studi iniziali i nuovi concetti sono solitamente sovrastimati quando vengono confrontati con gli standards di riferimento. (Alderson et al. 2004, Torabinejad et al. 2003, Kaufman 1981). Alcuni metodi recenti per migliorare la detrsione dei canali includono l'uso della luce laser per indurre fotosensibilizzazione mortale sulla popolazione microbica del canale (Kimura et al. 2000), l'irrigazione con l'acqua elettrochimicamente attivata (Solovyeva & Dummer 2000) e l'infiltrazione di ozono nel sistema endodontico (Deltour et al. 1970). Tuttavia, in termini di efficacia antibatterica nei confronti dei microrganismi contenuti nei biofilms, vi è evidenza che nessuno di questi metodi può rivaleggiare con una semplice irrigazione con ipoclorito di sodio (Seal  et al. 2002, Gulabivala et al. 2004,  Hems 2005).
Un'atra idea che continua a ritornare è la nozione che ridurre la tensione superficiale aggiungendo agenti tensioattivi migliorerebbe l'efficacia dei irriganti, poichè essi penetrerebbero meglio nei tubuli dentinali e nei canali accessori (Abou-Rass & Patonai 1982, Tasman et al. 2000). Nello studio originale che mostrava una migliore penetrazione dei liquidi con tensione superficiale ridotta nei sistemi canalari di molari estratti, non è stato precisato se questi denti erano asciutti o erano stati mantenuti in un ambiente umido (Abou-Rass & Patonai 1982). I canali radicolari e la dentina delle pareti adiacenti in situ sono pieni di liquidi (Papa et al. 1994) e la tensione superficiale dei liquidi introdotti svolge così un ruolo secondario in questa situazione. L'infiltrazione della dentina da parte di sostanze chimiche in soluzione acquosa si verifica tramite diffusione piuttosto che attraverso scambio diretto di liquidi (Fish 1932). Di conseguenza, non può essere motivo di sorpresa constatare che la riduzione della tensione superficiale degli irriganti non influenza la loro capacità di rimuovere lo smear-layer (Zehnder et al. 2005), né aumenta la loro efficacia antibatterica nel canale radicolare (Baker et al. 2004). Inoltre, ridurre la tensione superficiale delle soluzioni usate durante la strumentazione può realmente causare una penetrazione aumentata di detriti nei tubuli dentinali (Aktener et al. 1989). Finalmente,, dovrebbe essere considerato che i concetti concernenti l'irrigazione presentati qui sono finalizzati ad ottenere un sistema canalare pulito idealmente preparato per la tecnica di otturazione classica, che impiega guttaperca e un cemento endodontico. In avvenire, potranno essere messe a punto altre modalità di otturazione canalare, quali uso di sistemi resinosi adesivi (Shipper et al. 2004), di materiali bioattivi (Zehnder et al. 2004), o la rigenerazione del tessuto pulpare nei casi necrotici (Banchs & Trope 2004). Anche se non è probabile che si abbiano cambiamenti radicali nei concetti relativi all'irrigazione, l'importanza specifica degli irriganti in queste procedure alternative deve ancora essere definita.

 

 

 

LE MEDICAZIONI CANALARI

 

 

L'impiego di medicazioni intermedie, da collocare all'interno della camera pulpare o dei canali radicolari fra un appuntamento e l'altro per mantenere od ottenere la disinfezione dello spazio preparato, è stato nel passato da alcuni sostenuto e da altri sconsigliato.

Come medicazioni intracanalari sono stati usati antibiotici, formocresolo, formaideide, ioduro di potassio iodato al 2%, metacresilacetato, paramonoclorofenolo canforato, eugenolo, idrossido di calcio, pasta iodoformica.
 

Maddox et al. (1977) dichiararono che nessun medicamento intermedio era meglio di un batuffolo di cotone asciutto e sterile per prevenire il dolore tra gli appuntamenti.
Treanor & Goldman (1972) valutarono i
n vitro l'efficacia di eugenolo, formocresolo, metacresilacetato, monoclorofenolo canforato; i medicamenti vaporizzavano, ma non in grado tale da superare l'apice; il formocresolo era il piu efficace a 72 ore tra quelli esaminati; il metacresilacetato era il piu efficace a 48 ore, mentre a 72 ore 1'efficacia si riduceva; il monoclorofenolo canforato, l'eugenolo e il ormocresolo erano piu attivi a 72 ore che a 48 ore; in nessun caso una medicazione sterilizzava completamente il canale.
Spangberg et al. (1973) suggerirono che in casi in cui strumentazione a irrigazione non eliminavano l'infezione dal canale si usasse ioduro di potassio iodato a concentrazione inferiore al 2%, dieci volte quella germicida.

 

Per la maggior parte, le medicazioni canalari sono meno impiegate rispetto al passato.

Si è risvegliato interessse per i composti fenolici, per l'attività battericida che pare siano in grado di esercitare nei confronti dell'Enterococcus Faecalis ((Stevens & Grossman 1983, Haapasalo & Ørstavik 1987, Siqueira et al. 1996)).

L'idrossido di calcio  rimane invece ancora largamente studiato, e impiegato.

 

 

 

 

IDROSSIDO DI CALCIO

 

 

 

L'idrossido di calcio è una sostanza alcalina forte, che si presenta in forma di polvere bianca inodore e che mescolata con H2O produce una sospensione con pH di circa 12.5.
L'idrossido di calcio ha formula Ca(OH)
2 e corrisponde alla "calce spenta". L'ossido di calcio
ha invece formula CaO e corrisponde alla "calce viva", che reagendo con l'acqua produce idrossido di calcio:

 

CaO + H2O =  Ca(OH)2


La reazione è esotermica e può diventare esplosiva, ma è anche espansiva e porta ad un aumento di volume da 2.8 (CaO leggero) a 6 (CaO pesante) volte la massa iniziale. Questo effetto è quello su cui si basa la terapia endo-ocalessica, usata nel passato. Esistono preparati commerciali per uso endodontico contenenti ossido di calcio, ai quali sono aggiunti ritardanti, quali il glicole etilenico e il glicole propilenico, per evitare una troppo rapida sottrazione di H
2O ai tessuti.
Secondo Tronstad et al. (Tronstad et al. 1981) la capacità terapeutica del Ca(OH)
2 dipende dalla disponibilità di OH- liberi: ciò implica la necessità dell’azione veicolante di una soluzione. In soluzione acquosa, l'idrossido di calcio si dissocia iioni calcio e ioni idrossido, ed è soprrattuto a questi ultimi che si devono gli effetti potenzialmente utili che alla sostanza sono ascritti (Tronstad et al. 1981):

• arresta il riassorbimento infiammatorio
• stimola la guarigione ossea
• ha effetto battericida
• denatura proteine endocanalari
• ioni Ca++ intervengono nelle reazioni immunitarie
• ioni Ca
++ attivano reazioni ATPasi dipendenti (si forma tessuto duro)
 

Va notato che lo strato superficiale dell'idrossido di calcio a contatto con la CO2 presente nell'aria si trasforma in CaCO3 insolubile.
 

Gli impieghi clinici che dell'idrossido di calcio nel tempo sono stati suggeriti sono molteplici:

1) incappucciamento indiretto
2) incappucciamento diretto
3) medicazione canalare
4) riempimento a lungo termine
5) essudazione nel canale
6) apecificazione, apicogenesi, perforazione radicolare
7) riassorbimenti
8) fratture orizzontali (giacenti nell'osso)
9) perforazioni iatrogene (nel contesto osseo)

 


PRODOTTI A BASE DI IDROSSIDO DI CALCIO


1) Paste indurenti
Contengono sostanze come il solfato di bario e la metilcellulosa, che ne riducono l'efficacia

2) Liners
Sospensioni di Ca(OH)
2 e ZnP04 + polvere di resine e cellulosa in veicolo liquido volatile

3) Paste acquose non indurenti
Ca(OH)
2 + soluzione fisiologica o H2O distillata o soluzione anestetica

 

 

 

 

IDROSSIDO DI CALCIO COME MEDICAZIONE CANALARE

 

L'introduzione in odontoiatria dell'idrossido di calcio si deve ad Hermann (Hermann 1920, Hermann  1930), sebbene storicamente il primo a consigliarne l'uso per il trattamento della cosiddetta "fistula dentalis" sia stato Nygren (Nygren 1838), mentre Codman (1851) fu il primo a impiegare l'idrossido di calcio per tentare di conservare la polpa dentale compromessa. Come riportato da Cvek (1989), l'idrossido di calcio ha conosciuto crescente diffusione intorno al 1930 grazie al lavoro pionieristico di Hermann (Teuscher & Zander 1938, Zander 1939).
Le prime segnalazioni di guarigioni pulpari ottenute grazie all'impiego dell'idrossido di calcio sono comparse in letteratura fra il 1934 e il 1941. Da allora, e principalmente dopo la seconda guerra mondiale, le indicazioni cliniche per il suo uso si sono via via estese, e questa sostanza chimica si è affermata, con il passare del tempo sempre più concordemente, come il miglior medicamento per indurre formazione di tessuto duro e per favorire la guarigione dei tessuti pulpari e periapicali vitali (Garcia 1983).
Anche se il meccanismo d'azione dell'idrossido di calcio non è stato ancora completamente chiarito, sono stati pubblicati molti studi scientifici sui i suoi effetti biologici, e sulla loro dipendenza dalla liberazione di ioni Ca++ e OH- che si verifica per dissociazione della sostanza. Nel corso del tempo sono stati studiati il suo pH elevato e l'attività ionica che interviene nei processi di guarigione, la diffusione attraverso i tubuli dentinali, la sua influenza sulla microinfiltrazione apicale, ed alcuni temi clinici quali il suo posizionamento all'interno del canale radicolare ela gestione dei flareups, l'importanza della sostituzione periodica delle medicazioni e dell'otturazione provvisoria.
Con l'uso clinico via via più diffuso dell'idrossido di calcio, la letteratura ha preso a considerare le caratteristiche delle varie formulazioni disponibili ed ha anche suggerito la miscelazione della polvere di idrossido di calcio con altre sostanze, allo scopo di migliorarne l'azione antibatterica, la radiopacità, il flusso e la consistenza.

Varie proprietà biologiche sono state attribuite a questa sostanza, quali attività antimicrobica (Byström et al. 1985), capacità di dissolvere i tessuti (Hasselgren et al. 1988, Andersen et al. 1992), inibizione del riassorbimento dentale (Tronstad 1988), e capacità di indurre riparazione per formazione di tessuto duro (Foreman & Barnes 1990). In ragione di questi effetti, è stato suggerito l'uso dell' idrossido di calcio in numerose situazioni cliniche (Heithersay 1975, Fava 1991). Questa sostanza chimica è riconosciuta come una delle preparazioni antimicrobiche più efficaci da impiegare nei canali radicolari (Siqueira & Lopes 1999).
Come detto, la totale eliminazione dei batteri all'interno del sistema canalare è difficile da ottenere
(Byström & Sundqvist 1981, Byström & Sundqvist
1985, Siqueira et al. 1997). Le medicazioni intracanalari possono contribuire ad eliminare i batteri sopravvissuti (Byström & Sundqvist 1985), e l'idrossido di calcio è la sostanza per medicazione intracanalare che in endodonzia è stata più utilizzata e studiata (Fava & Saunders 1999).
Le medicazioni possono essere preparate al momento miscelando polvere di idrossido di calcio con soluzione salina, ma sono anche disponibili molti preparati commerciali registrati, che sono stati testati sia sugli animali che sugli esseri umani.

I meccanismi dell'attività antimicrobica


La maggior parte dei batteri patogeni che si trovano nei canali radicolari non può sopravvivere in ambiente fortemente alcalino (Heithersay 1975). Poiché il pH dell'idrossido di calcio è circa 12.5, parecchie specie batteriche che comunemente si trovano in canali infettti sono eliminate dopo un breve periodo di contatto con questa sostanza (Byström et al. 1985).
L'attività antimicrobica dell'idrossido di calcio è dovuta al rilascio degli ioni idrossido in ambiente acquoso. Gli ioni idrossido sono radicali liberi altamente ossidanti che mostrano estrema reattività, nei confronti di numerose biomolecole (Freeman & Crapo 1982). Questa reattività è alta ed indiscriminata, ma questi radicali liberi diffondono raramente a distanza dalla sede in cui sono stati generati. I loro effetti biocidi sulle cellule batteriche sono probabilmente dovuti a tre meccanismi.
Il primo meccanismo consiste nel danneggiamento della membrana citoplasmatica batterica. La membrana citoplasmatica batterica è sede di funzioni importanti per la sopravvivenza della cellula, quali (a) permeabilità e trasporto selettivo di soluti; (b) trasporto degli elettroni e fosforilazione ossidativa nella specie aerobiche; (c) escrezione degli esoenzimi idrolitici; (d) alloggiamento di enzimi e molecole carriers che intervengono nella biosintesi del DNA, dei polimeri della parete cellulare e dei lipidi della membrana; (e) alloggiamento di recettori e altre proteine dei sistemi chemiotattici e di altri sistemi di transduzione sensoriale (Brooks ed altri. 1998). Gli ioni idrossido inducono la perossidazione dei lipidi, con conseguente distruzione dei fosfolipidi, componenti strutturali della membrana cellulare. Gli ioni idrossidoinoltre rimuovono gli atomi di idrogeno dagli acidi grassi insaturi, generando un radicale lipidico libero. Questo radicale lipidico libero reagisce con l'ossigeno, con conseguente formazione di un perossido radicale lipidico, che rimuove un altro atomo dell'idrogeno da un secondo acido grasso, generandoe un altro perossido lipidico. Quindi i perossidi di per se' stessi agiscono come radicali liberi, iniziando una reazione autocatalitica a catena, con conseguente ulteriore perdita di acidi grassi insatui ed esteso danno di membrana (Halliwell 1987, Cotran et al. 1999).
Il secondo meccanismo corrisponde alla denaturazione proteica. Il metabolismo cellulare è altamente dipendente dalle attività enzimatiche, e gli enzimi hanno attività e stabilità ottimali in una gamma ristretta di pH, intorno alla neutralità. L'alcalinizzazione fornita dall'idrossido di calcio induce la rottura dei legami ionici che mantengono la struttura terziaria delle proteine. Di conseguenza, l'enzima mantiene la sua struttura covalente, ma la catena polipeptidica viene modificata a caso con configurazioni spaziali risultanti variabili ed irregolari. Questi cambiamenti provocano frequentemente la perdita di attività biologica dell'enzima e disturbo del metabolismo cellulare (Voet & Voet 1995). Anche le proteine strutturali possono essere danneggiate dagli ioni idrossido.
Il terzo meccanismo corrisponde al danneggiamento del DNA. Gli ioni idrossido reagiscono con il DNA batterico ed provocaano interruzione delle catene. Come conseguenza, alcuni geni vengono perduti (Imlay & Linn 1988), la replica del DNA è inibita e l'attività cellulare è disorganizzata. I radicali liberi possono anche indurre mutazioni mortali per la cellula batterica. Vi è prova scientifica che tutti e tre i meccanismi possono determinarsi (Halliwell 1987, Imlay & Linn 1988, Cotran et al. 1999). E' però difficile stabilire quale è il meccanismo principale o il primo in ordine cronologico che determina la morte delle cellule batteriche dopo esposizione ad una base forte. È stato suggerito che la capacità dell'idrossido di calcio di assorbire l'anidride carbonica può contribuire alla sua attività antibatterica (Kontakiotis et al. 1995). Tuttavia, il cemento è permeabile ad acqua, ioni e piccole molecole (Huang et al.
1992, Siqueira 1997). Quindi, ai batteri rimasti nel sistema canalare, l'anidride carbonica può essere fornita dall'esterno. In più, i batteri situati nelle ramificazioni hanno accesso diretto all'anidride carbonica attraverso i tessuti periradicolari. Non vi è quindi ragione di pensare che l'idrossido di calcio impedisca il rifornimento di anidride carbonica ai batteri.

La Disinfezione del canale radicolare


Parecchi studi hanno dimostrato che l'idrossido di calcio ha effetto letale sulle cellule batteriche
(Byström et al. 1985, Stuart et al. 1991, Georgopoulou et al. 1993). Questi effetti sono stati osservati solo in presenza di contatto diretto della sostanza con i batteri in soluzione. In questa situazione, la concentrazione di ioni idrossido è molto alta, e raggiunge livelli incompatibili per la sopravvivenza batterica. In situazione clinica questo contatto non è sempre possibile. Studi nei quali è stata impiegata la diffusione in agar hanno dimostrato che l'idrossido di calcio combinato con una sostanza inerte (acqua distillata, soluzione fisiologica o glicerina) non inibisce la crescita di molti tra i batteri anaerobi obbligati e facoltativi (Difiore et al. 1983, Siqueira & Gonçalves  1996, Abdulkader et al. 1996, Siqueira et al. 1996 Siqueira & Uzeda 1997, Siqueira et al. 1997). Questo probabilmente è dovuto al fatto che i terreni di coltura contegono sostanze tampone. Per cui, sebbene l'idrossido di calcio possa diffondere attraverso il terreno, i livelli di pH raggiunti attorno ad esso non sarebbero sufficienti a determinare attività inibitoria (Siqueira & Gonçalves 1996). Le basi dei metalli alcalini, quali NaOH e KOH, mostrano alta solubilità e quindi possono diffondersi più dell'idrossido di calcio attraverso il terreno di coltura. Ma se è vero che sia NaOH che KOH posseggono alto potere antibatterico (Siqueira et al. 1996), è altrettanto vero che l'alta solubilità e diffusibilità aumenta gli effetti citotossici di queste sostanze sulle cellule ospiti. A causa dell'alta citotossicità, queste sostanze non sono indicate per essere usate nella pratica endodontica.
Anche se gli ioni idrossido possiedono effetti antibatterici, sono richiesti valori piuttosto elevati di pH per distruggere i microorganismi. L'uccisione dei batteri ad opera dell'idrossido di calcio dipende dal fatto che vi sia un grande numero di di ioni idrossido disponibili nella soluzione, e questo di solito succede vicino a dove è applicata la pasta. anche detto che quando l'idrossido di calcio diffonde nei tessuti, la concentrazione degli ioni idrossido è diminuita come conseguenza dell'azione dei sistemi tampone (bicarbonato e fosfato), degli acidi, delle proteine e dell'anidride carbonica, per cui la relativa efficacia antibatterica può essere ridotta o annullata (Siqueira et al. 1998, Siqueira & Uzeda 1998).
I tubuli dentinali possono costituire un serbatoio importante di batteri, e dai tubuli l'infezione o la reinfezione del canale può verificarsi durante e dopo il trattamento endodontico (Oguntebi 1994). Occasionalmente questi batteri residui possono causare un'infezione persistente, che compromette il risultato della terapia endodontica. I batteri localizzati all'interno dei tubuli dentinali sono al riparo dagli effetti delle difese cellulari e molecolari dell'ospite, dagli antibiotici somministrati per via sistemica e dalla preparazione chemiomeccanica. Di conseguenza, strategie di trattamento che siano dirette all'eliminazione dell'infezione dei tubuli sono necessarie, e devono avvalersi dell'impiego di medicamenti che capaci di penetrare nei tubuli dentinali e di uccidere i batteri.
Affinchè l'idrossido di calcio agisca efficacemente come medicazione intracanalare, gli ioni idrossido devono potersi diffondere attraverso la dentina ed i resti del tessuto pulpare. Alcuni studi hanno dimostrato che la diffusione attraverso la dentina è possibile.

 

Tronstad et al. (1981) segnalarono che dopo 4 settimane di permanenza di una medicazione a base di idrossido di calcio all'interno del canale, il pH della dentina nella scimmia si innalzava; tuttavia, nelle zone più distanti dal lume del canale i valori del pH aumentavano in minor misura; nel canale radicolare, il pH era più maggiore di 12.2; la dentina circostante, in contatto diretto con l'idrossido di calcio, mostrava un pH di 8 - 11; e nella dentina più periferica, il pH variava da 7.4 a 9.6.
Nerwich et al. (1993) investigarono nel corso di 4 settimane i cambiamenti di pH dopo introduzione di una medicazione a base di idrossido di calcio; apicalmente, il pH della dentina raggiunse un livello di circa 9.5 dopo 2 settimane; nella dentina più esterna, sebbene il pH iniziasse a salire più precocemente, il valore massimo raggiunto fu basso, appena 9 dopo 2 settimane; il pH della dentina interna cervicale raggiunse un picco a 10.8 dopo 24 ore e si stabilizzò appena sopra 10; il pH della dentina cervicale più esterna raggiunse il valore di 9 dopo 2 settimane


Questi risultati rivelano che una medicazione di idrossido di calcio dopo una settimana alza il valore del pH della dentina più interna a circa 9.0. In determinate circostanze, questi valori di pH in dentina possono permettere la sopravvivenza o lo sviluppo di alcune specie batteriche. I batteri variano nelle tolleranza al pH, e la maggior parte di essi si moltiplica senza problemi a pH 6-9 (Padan et al. 1981).
Alcuni varietà di Escherichia Coli, Proteus Vulgaris, Enterobacter Aerogenes e Pseudomonas Aeruginosa possono sopravvivere a pH 8 o 9 (Atlas 1997). Queste specie batteriche sono state isolate occasionalmente da canali radicolari infetti, e causano solitamente infezioni secondarie (Haapasalo et al. 1983, Tronstad 1992, Siren et al. 1997). Alcuni Enterococchi tollerano valori molto elevati di pH, da 9 a 11. Anche i funghi generalmente esibiscono una larga tolleranza a valori pH diversi, e si sviluppano pH 5-9 (Atlas 1997). Varietà di Prevotella Intermedia, Fusobacterium Nucleatum and Porphyromonas Gingivalis possono avere sviluppo stabile a pH alcalino, approssimativamente a valori di 8.0-8.3 (Marsh et al. 1993).
Il pH dell'ambiente rappresenta una condizione selettiva drastica, e soltanto i microrganismi che sono in grado di adattarsi possono proliferare. La maggior parte delle proteine e delle altre molecole biologicamente importanti mantengono la loro attività/stabilità ottimali in un range ristretto di valori di pH, attorno alla neutralità.
La tolleranza batterica ai cambiamenti del pH può dipendere dall'attivazione di pompe protoniche specifiche, di sistemi enzimatici specifici e/o di dispositivi tampone, che contribuiscono a mantenere praticamente costante il pH interno (Padan et al. 1981). Oltre che questi meccanismi, alcuni prodotti batterici generati durante la crescita possono aiutare i batteri a neutralizzare il pH. Parecchi studi hanno attestato l'inefficacia dell'idrossido di calcio nell'eliminazione delle cellule batteriche all'interno dei tubuli dentinali.

 

Haapasalo & Ørstavik (1987) riportarono che una pasta all'idrossido di calcio non fu in grado di eliminare l'Enterococcus Faecalis dai tubuli dentinali, nemmeno da quelli superficiali. Safavi et al. (1990) dimostrarono che l'Enterococcus Faecium rimaneva vitale nei tubuli dentinali dopo periodi relativamente lunghi di trattamento con idrossido di calcio/soluzione salina.
Ørstavik & Haapasalo (1990) osservarono che l'idrossido di calcio impiegava 10 giorni per disinfettare i tubuli dentinali infettati da batteri anaerobi facoltativi
Heling et al. (1992) trovarono che l'idrossido di calcio non mostrava alcuna attività antibatterica contro l'Enterococcus Faecalis all'interno dei tubuli dentinali, e che non era efficace nella sterilizzazione della dentina o nel prevenire una infezione secondaria.
Siqueira & Uzeda (1996) dimostrarono che l'idrossido di calcio associato con soluzione fisiologica era inefficace, anche dopo 1 settimana dil contatto, nell'eliminazione dell'Enterococcus Faecalis e del Fusobacterium Nucleatum presenti all'interno dei tubuli dentinali.

 


Per essere efficaci contro i batteri posizionati all'interno dei tubuli dentinali, gli ioni idrossido dell'idrossido di calcio dovrebbero diffondersi nella dentine a concentrazioni sufficienti. È stato segnalato che la dentina ha capacità tampone in quanto sono presenti donatori di protoni, come
H2PO4-, H2CO3, e HCO3-, nello strato idratato dell'idrossiapatite, che forniscono protoni addizionali e mantengono il pH inalterato (Wang & Hume 1988, Nerwich et al. 1993).
Di conseguenza, per avere effetti antibatterici all'interno dei tubuli dentinali, la diffusione ionica dell'idrossido di calcio dovrebbe soverchiare la capacità tampone della dentina, raggiungendo livelli di pH sufficienti a distruggere i batteri. Quando l'idrossido di calcio è impiegato per breve periodo di tempo, i microrganismi probabilmente sono esposti a livelli mortali di ioni idrossido soltanto in corrispondenza dell'orifizio dei tubuli.
Un altro elemento da considerare è la disposizione delle cellule batteriche che colonizzano le pareti del canale, poiché i batteri situati alla periferia delle colonie possono proteggere dal contatto con l'idrossido di calcio quelli situati più profondamente, all'interno dei tubuli. Anche i batteri che colonizzano il tessuto necrotico nelle ramificazioni, negli istmi e nelle irregolarità sono probabilmente protetti dall'azione dell'idrossido di calcio. Di conseguenza una medicazione di breve durata con idrossido di calcio sembra poter eliminare pricipalmente le cellule batteriche in contatto diretto con questa sostanza, come i batteri situati nel canale principale o negli strati superficiali interni della dentina. Queste zone sono anche quelle più comunemente influenzate dalle procedure chemiomeccaniche.
La capacità di un medicamento di dissolversi e diffondere nel sistema canalare sembrerebbe essenziale per un'azione efficace (Ørstavik 1997). Una sospensione acquosa satura di idrossido di calcio possiede un pH elevato, che ha un grande potenziale citotossico. Tuttavia, questa sostanza deve la sua biocompatibilità alla bassa solubilità e alla scarsa diffusibilità in acqua, che limitano
la citotossicità alla zona del tessuto in contatto diretto con l'idrossido di calcio. D'altro canto, la bassa solubilità e la bassa diffusibilità dell'idrossido di calcio rendono difficile che si verifichi un aumento veloce e significativo del pH capace di eliminare i batteri posizionati all'interno dei tubuli dentinali e indovati nelle complessità anatomiche. Inoltre, la capacità tampone dei tessuti controlla le variazioni del pH.
A causa di questi fattori, l'idrossido di calcio è un antisettico ad azione lenta, solo l'esposizione prolungata può consentire la saturazione dei residui tissutali e della dentina e, teoricamente, solo l'esposizione prolungata all'idrossido di calcio può consentire di ottenere un sistema canalare privo di batteri. Tuttavia, l'uso sistematico di una medicazione intracanalare prolungata non sembra poter essere accettabile nell'endodonzia moderna.
D'altra parte il tempo necessario affinchè l'idrossido di calcio disinfetti efficacemente il sistema canalare è ancora sconosciuto. Gli studi clinici condotti seguendo protocolli di campionamento dei canali radicolari hanno fornito risultati contraddittori.
 

Cvek et al. (1976) rilevarono che il 90% dei campioni prelevati di canali radicolari 3 mesi dopo medicazione con idrossido di calcio/soluzione di Ringer non davano luogo a crescita microbica. Byström et al. (1985) dimostrarono che l'idrossido di calcio eliminava efficacemente tutti i microrganismi quando la medicazione era mantenuta per 4 settimane.
Reit & Dáhlen (1988) rilevarono che l'infezione persisteva nel 26% dei canali dopo 2 settimane di medicazione con idrossido di calcio. Sjögren et al. (1991) ) segnalarono che una medicazione intracanalare con idrossido di calcio per 1 settimana eliminava efficacemente i batteri nel canale radicolare nel 100% dei casi. Ørstavik et al. (1991) rilevarono la persistenza di batteri nel 34.4 % dei canali radicolari dopo una settimana di medicazione con idrossido di calcio. Barbosa et al. (1997) segnalarono che 12 di 45 casi (26.7%) medicati con idrossido di calcio per 1 settimana fornivano colture positive.

 

E'stato dimostrato che canali con colture in partenza negative possono presentare successivamente risultato positivo (Sjögren 1996, Sjögren et al. 1997). Ciò accade perché i microorganismi possono essere presenti nel sistema canalare, ma possono contemporaneamente sfuggire alla rilevazione nei campioni che sono stati prelevati. I motivi possono essere molteplici, e uno di questi è che i batteri situati in istmi, tubuli dentinali e ramificazioni possono essere inaccessibili alla campionatura del canale principale. In più, sia lo smear-layer che i residui di idrossido di calcio sulle pareti canalari possono limitare fisicamente l'accesso ai batteri durante le procedure di campionamento. Un altro motivo è che, poiché la coltura ha la sensibilità per rilevare approssimativamente 103-104 cellule in un campione (Zambon & Haraszthy 1995), è possibile che al momento del prelievo fosse presente nel canale un numero di batteri insufficiente a consentire il rilievo con questo metodo.
Anche se gli Enterococchi non sono normalmente presenti o sono presenti in numero molto basso nei casi non trattati (Byström et al. 1985, Sundqvist et al. 1998), gli studi disponibili suggeriscono che sono agenti importanti nel fallimento endodontico.
 

Molander et al. (1998) esaminarono la condizione microbiologica in 100 denti con radici otturate associate a lesioni periradicolari. Gli anaerobi facoltativi predominavano fra i batteri isolati, e corrispondevano al 69% delle specie identificate. Gli Enterococchi furono trovati nel 32% dei denti studiati. Nelle stesse condizioni, Möller (1966) e Sundqvist et al. (1998) isolarono l'Enterococcus Faecalis nel 29% al 38%, rispettivamente, dei canali in cui si evidenziò presenza di microrganismi. E' un dato acquisito che la medicazione con idrossido di calcio è inefficace contro gli Enterococchi (Stevens & Grossman 1983, Byström et al. 1985, Haapasalo & Ørstavik 1987, Siqueira & Uzeda 1996). Di conseguenza, il frequente isolamento degli Enterococchi mette in discussione l'uso sistematico dell'idrossido di calcio come medicazione intracanalare (Molander et al. 1998).


I batteri possono sopravvivere, nonostante la medicazione intracanalare, per parecchi motivi. Il primo è che le specie batteriche presenti nel canale radicolare possono essere intrinsecamente resistenti al medicamento. Il secondo è che le cellule batteriche possono essere indovate all'interno di complessità anatomiche e quindi essere inaccessibili per il medicamento. Il terzo è che la medicazione può essere neutralizzata da componenti tissutali e da cellule o prodotti batterici, e quindi perdere il suo potere antibatterico. Il quarto è che le medicazioni possono rimanere nel sistema canalare per un tempo insufficiente per raggiungere e uccidere le cellule batteriche. Infine, i batteri possono alterare la loro struttura genica dopo cambiamenti delle condizioni nel canale, e queste modificazioni possono permettere loro di sopravvivere anche in ambiente sfavorevole.
Buoni risultati clinici sono stati ottenuti con l'uso come medicamento intracanalare dell'idrossido di calcio (Heithersay 1975, Tronstad 1992). Ciò nonostante, l'attività antibatterica dell'idrossido di calcio è ancora tema di discussione, e non è chiaro se i benefici effetti di questa sostanza possano essere considerati soltanto conseguenza di essa (Seltzer 1988).

L'influenza del veicolo sull'attività antimicrobica

Numerose sostanze sono state usate come veicoli per l'idrossido di calcio. I veicoli hanno differente solubilità in acqua e idealmente non dovrebbero cambiare significativamente il pH dell'idrossido di calcio. La maggior parte delle sostanze usate come veicolo non hanno attività antibatterica significativa. Si possono citare l'acqua distillata, la soluzione salina e la glicerina. Altre sostanze, quali il paramonoclorofenolo canforato (CMCP) e il metacresilacetato, sono invece battericide. Frank (1966) suggeriva di mescolare idrossido di calcio con CMCP nelle procedure di apecificazione. Alcuni autori hanno criticato il suggerimento, considerando inutile di aggiungere all'idrossido di calcio agenti antimicrobici, e particolarmente agenti che si sono dimostrati irritanti per i tessuti (Cvek et al. 1976, Anthony et al. 1982). Recentemente, l'associazione idrossido di calcio/CMCP ha suscitato rinnovato interesse a causa dell'inefficienza relativa dell'idrossido di calcio nei confronti di alcuni microorganismi, tra i quali l'Enterococcus Faecalis. Anche se ilCMCP ha in vitro effetti antibatterici pronunciati sui batteri anaerobi (Ohara et al. 1993, Siqueira et al. 1996), molti studi hanno riscontrato che l'idrossido di calcio è superiore al CMCP nei confronti di questa categoria di microrganismi (Byström et al. 1985, Stuart et al. 1991, Georgopoulou et al. 1993). Tuttavia, il CMCP è stato riconosciuto più efficace rispetto all'idrossido di calcio nei confronti dell'Enterococcus Faecalis (Stevens & Grossman 1983, Haapasalo & Ørstavik 1987, Siqueira et al. 1996).
Come descritto precedentemente, gli effetti dell'idrossido di calcio sono fortemente dipendenti dalla disponibilità di ioni idrossido in soluzione. I terreni di coltura, i liquidi intercellulari e la dentina contengono sostanze tampone che possono impedire l'attività dell'idrossido di calcio causando una diminuzione del pH. Siqueira & Uzeda (1996) verificarono che la combinazione di idrossido di calcio e soluzione salina era inefficaci nell'eliminazione dell'Enterococcus Faecalis e del Fusobacterium Nucleatum dai tubuli dentinali, anche dopo 1 settimana di esposizione. Invece, la combinazione di idrossido di calcio/CMCP/glicerina uccideva i batteri nei tubuli dopo esposizione di un'ora, tranne l'Enterococcus Faecalis che richiedeva un giorno di esposizione.
Gli studi in cui sono furono usate prove di diffusione in agar rivelarono che l'associazione idrossido di calcio/CMCP aveva pronunciata attività contro i batteri facoltativi ed anaerobi, superiore a quella dimostrata da combinazioni di idrossido di calcio e sostanze inerti (Difiore et al. 1983, Siqueira et al. 1996, 1997b, Siqueira & Uzeda 1997).
Siqueira & Uzeda (1998) valutarono l'influenza di tre veicoli differenti sull'attività antibatterica dell'idrossido di calcio nei confronti di quattro specie comunemente presenti nelle infezioni endodontiche; usarono una modificazione del metodo della diluizione del brodo di coltura; l'associazione idrossido di calcio/CMCP/glicerina uccise velocemente i batteri. Questi risultati indicano che il CMCP aumenta l'efficacia antibatterica delle medicazioni a base di idrossido di calcio. Altre associazioni di idrossido di calcio uccidono ugualmente i batteri , ma richiedono più tempo. Derivati fenolici, quale CMCP, fenolo canforato, timolo ed eugenolo, sono stati usati estesamente in odontoiatria per molti anni. I composti fenolici possiedono forti proprietà antibatteriche e l'alogenazione intensifica la loro attività antimicrobica. Il fenolo pare possa danneggiare le membrane batteriche contenenti lipidi, con conseguente perdita di contenuto cellulare. Ad alte concentrazioni, i fenoli provocano precipitazione delle proteine citoplasmatiche cellulari (O'Connor & Rubino 1991). A concentrazioni più basse, i composti fenolici inattivano i sistemi enzimatici essenziali e possono anche causare lisi della parete delle cellule batteriche (Hugo & Russel 1998). Alcune proprietà dei composti fenolici, quale tensione superficiale bassa (Naumovich 1963) e solubilità nei lipidi (O'Connor & Rubino 1991) conferiscono alle medicazioni alta penetrabilità e diffusibilità. Quindi, la miscela idrossido di calcio/CMCP possiede ampio spettro di azione, ed elimina i batteri situati a distanza dall'area in cui si trova la medicazione (Siqueira 1997).
Alencar et al. (1997) determinarono la presenza di MCP in associazioni di idrossido di calcio/MCP usate come medicazioni endocanalari nei cani per 2, 4, 7 e 14 giorni; rilevarono una perdita di circa il 50% di MCP nella medicazione dopo 48 ore, senza ulteriore perdita significativa dopo periodi più lunghi.
Questi risultati indicano che gli effetti del MCP possono persistere nel canale radicolare per almeno 14 giorni. Le infezioni endodontiche sono polimicrobiche, e non esiste alcun medicamento efficace contro tutti i batteri presenti in canali radicolari infetti. Una combinazione di due medicamenti può produrre effetti cumulativi o sinergici. L'evidenza suggerisce che l'associazione di idrossido di calcio e CMCP ha più largo spettro antibatterico, più ampio raggio di azione antibatterica ed uccide i batteri più velocemente delle miscele di idrossido di calcio con veicoli inerti. Di conseguenza, il CMCP non può essere considerato un veicolo per l'idrossido di calcio, ma un medicamento supplementare.
Sebbene il CMCP abbia forte attività citotossica (Spangberg et al. 1979), la letteratura riporta risposte tissutali favorevoli alle associazioni idrossido di calcio/CMCP (Torneck et al. 1973, Holland et al. 1979). Questa associazione deve probabilmente la sua biocompatibilità a tre fattori.
Il primo fattore è la bassa concentrazione di paramonoclorofenolo (MCP) liberato. L'associazione idrossido di calcio/CMCP fornisce paramonoclorofenolato di calcio, un sale debole che libera progressivamente il MCP e gli ioni idrossido nel mezzo circostante (Anthony et al. 1982). È ben noto che una sostanza può avere effetti benefici o deleteri, a seconda della relativa concentrazione. Il rilascio dalla medicazione di piccole quantità di MCP potrebbe essere insufficiente a produrre effetti citotossici. Il secondo fattore è l'effetto denaturante dell'idrossido di calcio sul tessuto connettivo, che può impedire la penetrazione del MCP nei tessuti, riducendone la tossicità (Siqueira 1997). Il terzo fattore dipende probabilmente dall'effetto antimicrobico della medicazione, che permette il verificarsi di una guarigione naturale senza irritazione infettiva persistente. Se la zona della ferita non è colonizzata da batteri quando si determina l'irritazione chimica transitoria, non c'è motivo di credere che non si verifichi riparazione del tessuto non appena l'irritazione chimica iniziale diminuisce di intensità.
Poiché il MCP è liberato in quantità sufficiente per esercitare eccellente attività antibatterica, e poiché il MCP non possiede tossicità selettiva nei confronti dei microrganismi, è abbastanza verosimile che la seconda e/o terza ipotesi siano corrette.

il Significato della barriera fisica

L'impiego delle medicazioni intracanalari è stato suggerito, oltre che per eliminare i batteri rimasti all'interno del sistema canalare dopo la preparazione chemomiomeccanica, anche per altri motivi. Le medicazioni intracanalari dovrebbero anche rappresentare una barriera fisico-chimica, in grado di impedire la proliferazione dei microorganismi residui e la reinfezione del canale da parte di batteri provenienti dalla cavità orale (Siqueira 1997). Le medicazioni intracanalari possono impedire la penetrazione nel canale dei batteri contenuti nella saliva fondamentalmente in due modi.
In primo luogo, i medicamenti che possiedono proprietà antibatteriche possono rappresentare una barriera chimica contro l'infiltrazione uccidendo i batteri, quindi impedendo il loro ingresso nel canale radicolare. Il sistema canalare può essere ricontaminato solo quando il numero di cellule batteriche è tale da soverchiare l'attività antibatterica del medicamento. Va considerato però che la saliva diluisce il medicamento, e può neutralizzarne gli effetti, permettendo l'invasione dei microorganismi.
In secondo luogo, i medicamenti che riempiono interamente il canale agiscono come barriera fisica contro la penetrazione batterica. La ricontaminazione del canale avverrà soltanto per solubilizzazione del medicamento da parte della saliva, per permeabilità del medicamento alla saliva, e per percolazione di saliva all'interfaccia fra il medicamento e le pareti del canale radicolare. Tuttavia, considerando tutti i meccanismi, se il medicamento ha anche effetti antibatterici, la neutralizzazione deve verificarsi prima dell'invasione batterica.
Siqueira et al. (1998) valutarono la capacità in vitro che alcuni medicamenti hanno di impedire la ricontaminazione completa da parte dei batteri della saliva di canali non sigillati coronalmente; canali medicati con palline di cotone impregnate con CMCP vennero ricontaminati completamente in media in 6.9 giorni; canali riempiti con idrossido di calcio/soluzione salina e idrossido di calcio CMCP/glicerina mostrarono completa ricontaminazione in media, rispettivamente, in 14.7 e 16.5 giorni; le medicazioni a base di idrossido di calcio erano sensibilmente più efficaci rispetto al CMCP nell'impedire la ricontaminazione del canale radicolare ad opera dei batteri contenuti nella saliva.
La capacità dei preparati a base di idrossido di calcio di fornire effettivo riempimento riempimento del canale è probabilmente più importante nel ritardare la ricontaminazione rispetto all'effetto chimico. L'idrossido di calcio ha bassa solubilità in acqua, ed è quindi dissolto lentamente anche in saliva, per cui rimane nel canale per un lungo periodo, ritardando la progressione batterica verso il foramen apicale.
Indipendentemente dal veicolo utilizzato, l'idrossido di calcio sembra rappresentare una barriera fisica efficace. Medicamenti che all'interno del canale fungono da barriera fisica possono uccidere i microorganismi residui riducendo e isolando i substrati per lo sviluppo dei batteri, e limitando lo spazio per la loro moltiplicazione (Dahlén & Möller 1992, Siqueira et al. 1998). Certamente questa può essere una delle azioni antimicrobiche possibili dell'idrossido di calcio.

Conclusioni

L'idrossido di calcio ha un ruolo importante in endodonzia, e il suo impiego è indicato in numerose circostanze cliniche (Foreman & Barnes 1990). L'idrossido di calcio ha un limitato spettro d'azione antibatterica, e non risulta efficace su tutti i microrganismi potenzialmente presenti all'interno dei canali infetti. In aggiunta, le proprietà fisico-chimiche di questa sostanza possono limitare la sua efficacia nella disinfezione dell'intero sistema canalare, soprattutto quando l'impiego è di breve durata. Ulteriori ricerche scientifiche sono necessarie per chiarire l'effettiva sua efficacia antimicrobica e i relativi meccanismi di azione all'interno del sistema canalare, come pure l'effetto di associazioni con altri medicamenti.

 

 

 

REFERENCES

 

Abdulkader A, Duguid R, Saunders EM. The antimicrobial activity of endodontic sealers to anaerobic bacteria. Int Endod J 1996; 29: 280-3.

Abou-Rass M, Franck AL, Glick DH. The anticurvature filing method to prepare the curved root canals. J Am Dent Assoc 1981; 101: 792-4.
Abou-Rass M, Oglesby SW. The effects of temperature, concentration, and tissue type on the solvent ability of sodium hypochlorite. J Endod 1981; 7:376-7.
Abou-Rass M, Patonai FJ, Jr. The effects of decreasing surface tension on the flow of irrigating solutions in narrow root canals. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1982; 53: 524-6.
Addy M, Moran JM. Clinical indications for the use of chemical adjuncts to plaque control: chlorhexidine formulations. Periodontol 2000 1997; 15: 52-4.
Ahmad M, Pitt Ford TR, Crum LA. Ultrasonic debridement of root canals: an insight into the mechanisms involved. J Endod 1987; 13: 93-101.
Akpata ES, Blechman H. Bacterial invasion of pulpal dentin wall in vitro. J Dent Res 1982; 61: 435-8.
Aktener BO, Cengiz T, Piskin B. The penetration of smear material into dentinal tubules during instrumentation with surface-active reagents: a scanning electron microscopic study. J Endod 1989; 15: 588-90.
Alderson P, Green S, Higgins J. Cochrane Reviewer’s Handbook. The Cochrane Library, Chichester: John Wiley & Sons, Ltd., 2004.
Alencar AHG, Leonardo MR, Bezerra Silva LA, Silva RS, Ito IY. Determination of the p-monochlorophenol residue in the calcium hydroxide+p-monochlorophenol combination used as an intracanal dressing in pulpless teeth of dogs with induced chronic periapical lesion. J Endod 1997; 23: 522-4.

Angker L, Swain MV, Kilpatrick N. Characterising the micro-mechanical behaviour of the carious dentine of primary teeth using nano-indentation. J Biomech 2005; 38: 1535-42.
Andersen M, Lund A, Andreasen JO, Andreasen FM. In vitro solubility of human pulp tissue in calcium hydroxide and sodium hypochlorite. Endod Dent Traumatol 1992; 8: 104-8.

Anthony DR, Gordon TM, del Rio CE. The effect of three vehicles on the pH of calcium hydroxide. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1982; 54: 560-5.

Armitage GC, Ryder MI, Wilcox SE. Cemental changes in teeth with heavily infected root canals. J Endod 1983; 9: 127-30.
Atlas RM. Principles of Microbiology, 2nd edn. Dubuque, IA: WCB Publishers,1997.
Attin T, Buchalla W, Zirkel C, Lussi A. Clinical evaluation of the cleansing properties of the noninstrumental technique for cleaning root canals. Int Endod J 2002; 35: 929–33.
Austin JH, Taylor HD. Behavior of hypochlorite and of chloramine-T solutions in contact with necrotic and normal tissue in vivo. J Exp Med 1918; 27: 627-33.
Austin JH, Taylor HD. Behaviour of hypochlorite solution in contact with necrotic and normal tissues in vivo. J Exp Med 1918; 27: 624-33.
Baker N, Eleazer P, Averbach R, Seltzer S. Scanning electron micros- copy study of the efficacy of various irrigating solutions. J Endod 1975; 1: 127-35.
Baker NE, Liewehr FR, Buxton TB, Joyce AP. Antibacterial efficacy of calcium hydroxide, iodine potassium iodide, betadine, and betadine scrub with and without surfactant against E faecalis in vitro. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod 2004; 98: 359-64.
Baldo BA, Fisher MM. Substituted ammonium ions as allergenic determinants in drug allergy. Nature 1983; 306: 262-4.
Banchs F, Trope M. Revascularization of immature permanent teeth with apical periodontitis: new treatment protocol? J Endod 2004; 30: 196-200.
Barbosa CA, Gonçalves RB, Siqueira JF, De Uzeda M. Evaluation of the antibacterial activities of calcium hydroxide, chlorhexidine, and camphorated paramonochlorophenol as intracanal medicament. A clinical and laboratory study. J Endod 1997; 23: 297-300.

Barnett F, Trope M, Khoja M, Tronstad L. Bacteriologic status of the root canal after sonic, ultrasonic and hand instrumentation. Endod Dent Traumatol 1985; 1: 228-31.
Baumgartner JC, Brown CM, Mader CL, Peters DD, Shulman JD. A scanning electron microscopic evaluation of root canal debridement using saline, sodium hypochlorite, and citric acid. J Endod 1984; 10: 525-31.
Baumgartner JC, Cuenin PR. Efficacy of several concentrations of sodium hypochlorite for root canal irrigation. J Endod 1992;18:605-12.
Baumgartner JC, Ibay AC. The chemical reactions of irrigants used for root canal debridement. J Endod 1987; 13: 47-51.
Baumgartner JC, Mader CL. A scanning electron microscopic evaluation of four root canal irrigation regimens. J Endod 1987; 13: 147-57.
Baumgartner JC, Mader CL. A scanning electronic microscopic evaluation of four root canal irrigation regimen. J Endod 1987; 13: 147-57.
Bence R, Madonia JV, Weine FS, Smulson MH. A microbiologic evaluation of endodontic instrumentation in pulpless teeth. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1973: 35: 676-83
Bernstein JA, Stauder T, Bernstein DI, Bernstein IL. A combined respiratory and cutaneous hypersensitivity syndrome induced by work exposure to quaternary amines. J Allergy Clin Immunol 1994; 94: 257-9.
Berutti E, Marini R, Angeretti A. Penetration ability of different irrigants into dentinal tubules. J Endod 1997; 23: 725-7.
Bloomfield SF, Miles GA. The antibacterial properties of sodium dichloroisocyanurate and sodium hypochlorite formulations. J Appl Bacteriol 1979; 46: 65-73.
Blum H. Hypochlorit und seine Anwendung in der zahnärztlichen Praxis. Dtsch Zahnärztl Wschr 1921; 24: 21-4.
Brännström M, Nyborg H. Bacterial growth and pulpal changes under inlays cemented with zinc phosphate and epoxylite CBA 9080. J Prosthet Dent 1974; 31: 556-65.
Buttler TK, Crawford JJ. The detoxifying effect of varying concentrations of sodium hypochlorite on endotoxins. J Endod 1982; 8: 59-66.
Bystrom A, Sundqvist G. Bacteriologic evaluation of the efficacy of mechanical root canal instrumentation in endodontic therapy. Scand J Dent Res 1981; 89: 321-8.

Bystrom A, Sundqvist G. Bacteriologic evaluation of the effect of 0.5 percent sodium hypochlorite in endodontic therapy. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1983; 55: 307-12.
Byström A, Claesson R, Sundqvist G. The antibacterial effect of camphorated paramonochlorophenol, camphorated phenol and calcium hydroxide in the treatment of infected root canals. Endod Dent Traumatol 1985; 1: 170-5.
Bystrom A, Sundqvist G. The antibacterial action of sodium hypochlorite and EDTA in 60 cases of endodontic therapy. Int Endod J 1985;18: 35-40.
Caliskan MK, Turkun M, Alper S. Allergy to sodium hypochlorite during root canal therapy: a case report. Int Endod J 1994; 27:1 63-7.
Calt S, Serper A. Time-dependent effects of EDTA on dentin structures. J Endod 2002; 28: 17-9.
Calt S,Serper A. Time dependent effects of EDTA on dentin structures. J .Endod . 2002; 28: 17-9.
Cergneux M, Ciucchi B, Dietschi JM, Holz J. The influence of the smear layer on the sealing ability of canal obturation. Int Endod J 1987: 20: 228-32.
Chavez De Paz LE, Dahlén G, Molander A, Möller A, Bergenholtz G. Bacteria recovered from teeth with apical periodontitis after antimicrobial endodontic treatment. Int Endod J 2003; 36: 500-8.
Cheung GS, Stock CJ. In vitro cleaning ability of root canal irrigants with and without endosonics. Int Endod J 1993; 26: 334-43.
Clark-Holke D, Drake D, Walton R, Rivera E, Guthmiller JM. Bacterial penetration through canals of endodontically treated teeth in the presence or absence of the smear layer. J Dent 2003; 31: 275-81.
Codman WW (1851) Ossification of the pulp of a tooth. Newsletter IV, 90 (printed in Malo PRT, Kessler Nieto F, Vadillo MVM. Hidroxido de calcio y apicoformacioÂn. Revista EspanÄ ola de Endodoncia 1987; 5: 41-61.

Coons D, Dankowski M, Diehl M, et al. Performance in detergents, cleaning agents and personal care products: detergents. In: Falbe J, ed. Surfactants in consumer products. Berlin: Springer-Verlag, 1987: 197-305.
Cotran RS, Kumar V, Collins T, eds. Robbins pathologic basis of disease. 6th ed. Philadelphia, USA: W.B. Saunders, 1999.

Costerton JW, Lewandowski Z, DeBeer D, Caldwell D, Korber D, James G. Biofilms, the customized microniche. J Bacteriol 1994; 176: 2137-42.
Costigan SM. Effectiveness of hot hypochlorites of low alkalinity in destroying Mycobacterium tuberculosis. J Bacteriol 1936; 32: 57-63.
Cotter JL, Fader RC, Lilley C, Herndon DN. Chemical parameters, antimicrobial activities, and tissue toxicity of 0.1 and 0.5% sodium hypochlorite solutions. Antimicrob Agents Chemother 1985; 28: 118-22.
Crane AB. A practical root canal technique. Philadelphia 1920, Lea & Febiger Publishers, p 69.
Crane AB. A predictable root canal technique. Philadelphia: Lea & Febiger, 1920.
Cunningham WT, Balekjian AY. Effect of temperature on collagen-dissolving ability of sodium hypochlorite endodontic irrigant. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1980; 49: 175-7.
Cunningham WT, Balekjian AY. Effect of temperature on collagen-dissolving ability of sodium hypochlorite endodontic irrigant. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Endod 1980; 49: 175-7
Cunningham WT, Joseph SW. Effect of temperature on the bactericidal action of sodium hypochlorite endodontic irrigant. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1980; 50: 569-71.
Cvek M, Nord CE, Hollender L. Antimicrobial effect of root canal debridement in teeth with immature root. A clinical and microbiologic study. Odontol Revy 1976; 27: 1-10.
Cvek M, Hollender L, Nord CE. Treatment of non-vital permanent incisors with calcium hydroxide. VI. A clinical, microbiological and radiological evaluation of treatment in one sitting of teeth with mature or immature root. Odontol Revy 1976; 27: 93-108.

Cvek M. Calcium Hydroxide in the Treatment of Traumatized Teeth. Stockholm: Eastman Institute, 1989.

Dahlén G, Bergenholtz G. Endotoxic activity in teeth with necrotic pulps. J Dent Res 1980;59:1033– 40.
Dahlén G, Möller AJR. Microbiology of endodontic infections. In: Slots J, Taubman MA, eds. Contemporary Oral Microbiology and Immunology. St Louis, USA: Mosby, 1992; 444-75.

Dahlén G, Samuelsson W, Molander A, Reit C. Identification and antimicrobial susceptibility of Enterococci isolated from the root canal. Oral Microbiol Immunol 2000; 15: 309-12.
Dakin HD. On the use of certain antiseptic substances in the treatment of infected wounds Brit Med J 1915; 2: 318-20.
Dametto FR, Ferraz CC, de Almeida Gomes BP, Zaia AA, Teixeira FB, de Souza-Filho FJ. In vitro assessment of the immediate and prolonged antimicrobial action of chlorhexidine gel as an endodontic irrigant against Enterococcus faecalis. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod 2005; 99: 768-72.
Davies GE, Francis J, Martin AR, Rose FL, Swain G. 1:6-Di-4’-chlorophenyldiguanidohexane (hibitane); laboratory investigation of a new antibacterial agent of high potency. Br J Pharmacol Chemother 1954; 9:192-6.
Deltour MM, Vincent J, Lartigau G. Effet lethal de l’ozone sur certaines souches de bactéries aerobes dans un modèle de chambre pulpaire. Rev Odontostomatol Midi Fr 1970; 15: 278-84.

Difiore PM, Peters DD, Setterstrom JA, Lorton L.The antibacterial effects of calcium hydroxide apexification pastes on Streptococcus sanguis. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1983; 55; 91-4.
Dwyer TG, Torabinejad M. Radiographic and histologic evaluation of the effect of endotoxin on the periapical tissues of the cat. J Endod 1980; 7: 31-5.
Dychdala GR. Chlorine and chlorine compounds. In: Block SS, ed. Disinfection, sterilization and preservation. Philadelphia: Lea & Febiger, 1991: 131-51.
Emilson CG. Susceptibility of various microorganisms to chlorhexidine. Scand J Dent Res 1977; 85: 255-65.
Engström B. The significance of Enterococci in root canal treatment. Odontol Revy 1964; 15: 87-106.
Evanov C, Liewehr F, Buxton TB, Joyce AP. Antibacterial efficacy of calcium hydroxide and chlorhexidine gluconate irrigants at 37 degrees C and 46 degrees C. J Endod 2004; 30: 653-7.
Fabricius L, Dahlén G, Holm SE, Möller ÅJR. Influence of combinations of oral bacteria on periapical tissues of monkeys. Scand J Dent Res 1982; 90: 200–6.
Fava LRG. Pastas de hidroxido de calcio. Consideracoes sobre seu emprego clinico em Endodontia. Rev Paul Odontol 1991; 13: 36-43
Fava LRG, Saunders WP. Calcium hydroxide pastes: classification and clinical indications. Int Endod J 1999; 32: 257-82.
Fish EW An experimental investigation of enamel, dentine and the dental pulp. London: John Bale, 1932.
Foreman PC, Barnes F. A review of calcium hydroxide. Int Endod J 1990; 23: 283-97.

Foulkes DM. Some toxicological observations on chlorhexidine. J Periodontal Res Suppl 1973; 12: 55-60.
Frais S, Ng YL, Gulabivala K. Some factors affecting the concentration of available chlorine in commercial sources of sodium hypochlorite. Int Endod J 2001; 34: 206-15.
Frank AL. Therapy for the divergent pulpless tooth by continued apical formation. J Am Dent Assoc 1966; 72: 87-93.

Freeman BA, Crapo JD. Biology of disease, free radicals and tissue injury. Lab.Invest 1982; 47: 412-26.

Garberoglio R, Becce C. Smear layer removal by root canal irrigants. A comparative scanning electron microscopic study. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1994; 78: 359-67.
Garcia GH. Bosquejo historico sobre Endodoncia. Revista EspanÄ ola de Endodoncia 1983; 1: 123-33.

Gençoglu N, Samani S, Günday M. Dentinal wall adaptation of thermoplasticized gutta-percha in the absence or presence of smear layer: a scanning electron microscopic study. J Endod 1993; 19: 558-62.
Georgopoulou M, Kontakiotis E, Nakou M. In vitro evaluation of the effectiveness of calcium hydroxide and paramonochlorophenol on anaerobic bacteria from the root canal. Endod Dent Traumatol 1993; 9: 249-53.

Girard S, Paqué F, Badertscher M, Sener B, Zehnder M. Assessment of a gel-type chelating preparation containing 1-hydroxyethylidene-1, 1-bisphosphonate. Int Endod J 2005; 38: 810-16.
Goldberg F, Spielberg C. The effect of EDTAC and the variation of its working time analyzed with scanning electron microscopy. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1982; 53: 74-7.
Goldman LB, Goldman M, Kronman JH, Lin PS. The efficacy of several irrigating solutions for endodontics: a scanning electron microscopic study. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1981; 52: 197-204.
Goldman M, Goldman LB, Cavalieri R, Bogis J, Lin PS. The efficacy of several irrigating solutions for endodontics: a scanning electron microscopic study. Part 2. J Endod 1982; 8: 487-92.
Gordon TM, Damato D, Chfistner P. Solvent effect of various dilutions of sodium hypochlorite on vital and necrotic tissue. J Endod 1981; 7: 466-9.
Grahnén H, Krasse B. The effect of instrumentation and flushing of nonvital teeth in endodontic therapy. A clinical and bacteriological study. Odont Revy 1963; 14: 167-77.
Grahnén H, Krasse B. The effect of instrumentation and flushing of non-vital teeth in endodontic therapy I. Odontol Revy 1962; 13: 167-77.
Grossman L I. Endodontic Practice, ed. 10, Philadelphia 1981, Lea and Febiger, p 279.
Grossman L I. Endodontic Practice, ed. 7, Philadelphia 1970, Lea & Febiger.
Grossman LI, Meiman B. Solution of pulp tissue by chemical agents. J Am Dent Assoc 1941; 28: 223-5.
Grossman LI, Meiman BW. Solution of pulp tissue by chemical agents. J Am Dent Assoc 1941; 28: 223-5.
Grossman LI. Irrigation of root canals. J Am Dent Assoc 1943; 30: 1915-7.
Gulabivala K, Stock CJ, Lewsey JD, Ghori S, Ng YL, Spratt DA. Effectiveness of electrochemically activated water as an irrigant in an infected tooth model. Int Endod J 2004; 37: 624-31.
Gutiérrez JH, Herrera VR, Berg EH, Villena F, Jofré A. The risk of intentional dissolution of the smear layer after mechanical preparation of root canals. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1990; 70: 96-108.
Gutierrez JH, Jofre A, Villena F. Scanning electron microscope study on the action of endodontic irrigants on bacteria invading the dentinal tubules. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1990; 69: 491-501.
Gutierrrez JH, Garcia J. Microscopic and macroscopic investigation on results of mechanical preparation of root canals. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1968; 25: 108-16.
Gwinnett AJ. Smear layer: morphological considerations. Oper Dent Suppl 1984; 3: 2-12.
Haapasalo M, Ørstavik D. In vitro infection and disinfection of dentinal tubules. J Dent Res 1987; 66: 1375-9.
Haapasalo M, Ranta K, Ranta H. Facultatice Gram-negative enteric rods in persistent periapical infections. Acta Odontol Scand 1983; 91: 458-63.
Haga CS. Microscope measurements of root canal preparations following instrumentation. J Br Endod Soc 1968; 2: 41-6.
Hahn CL, Best AM, Tew JG. Cytokine induction by Streptococcus mutans and pulpal pathogenesis. Infect Immun 2000; 68: 6785-9.
Haikel Y, Gorce F, Allemann C, Voegel JC. In vitro efficiency of endodontic irrigation solutions on protein desorption. Int Endod J 1994; 27: 16-20.
Haikel Y, Serfaty R, Wilson P, Speisser JM, Allemann C. Cutting efficiency of nickeltitanium endodontic instruments and the effect of sodium hypochlorite treatment. J Endod 1998; 24: 736-9.
Hamp SE, Emilson CG. Some effects of chlorhexidine on the plaque flora of the beagle dog. J Periodontal Res Suppl 1973; 12: 28-35.
Hand RE, Smith ML, Harrison JW. Analysis of the effect of dilution on necrotic tissue dissolution property of sodium hypochlorite. J Endod 1978; 4: 60-8.
Haapasalo M, Ranta H, Ranta. Facultative gram-negative enteric rods in persistent periapical infections. Acta Odontol Scand 1983; 41: 19-22.

Haapasalo M, Ørstavik D. In vitro infection and disinfection of dentinal tubules. J Dent Res 1987; 66: 1375-9.

Halliwell B. Oxidants and human disease: some new concepts. FASEB J 1987; 1: 358-64.

Harrison JW, Baumgartner JC, Zielke DR. Analysis of interappointment pain associated with the combined use of endodontic irrigants and medicaments. J Endod 1981; 7: 272-6.
Harrison JW. Irrigation of the root canal system. Dent Clin North Am 1984; 28: 797-808.
Hasselgren G, Olsson B, and Cvek M. Effects of calcium hydroxide and sodium hypochlorite on the dissolution of necrotic porcine muscle tissue. J Endod 1988; 14: 125-7.
Hata G, Hayami S, Weine F S, Toda T. Effectiveness of oxidative potential water as a root canal irrigant. Int Endod J 2000; 34: 308-17.
Heithersay GS. Calcium hydroxide in the treatment of pulpless teeth with associated pathologhy. J Brit Endo Soc 1975; 8: 74-93.

Heling I, Steinberg D, Kenig S, Gavrilovich I, Sela MN, Friedman M. Efficacy of a sustained-release device containing chlorhexidine and Ca(OH)2 in preventing secondary infection of dentinal tubules. Int Endod J 1992; 25: 20- 4.

Heling I, Rotstein I, Dinur T, Szwec-Levine Y, Steinberg D. Bactericidal and cytotoxic effects of sodium hypochlorite and sodium dichloroisocyanurate solutions in vitro. J Endod 2001; 27: 278–80.
Hems RS, Gulabivala K, Ng YL, Ready D, Spratt DA. An in vitro evaluation of the ability of ozone to kill a strain of Enterococcus faecalis. Int Endod J 2005; 38: 22-9.
Hennessey TS. Some antibacterial properties of chlorhexidine. J Periodontal Res Suppl 1973; 12: 61-7.

Hermann BW. Calcium hydroxyd als mitten zum behandeln und fuÈ llen von WurzelkanaÈllen (dissertation). Wursburg, 1920: (printed in: Malo PRT, Kessler Nieto F, Vadillo MVM. Hidroxido de calcio y apicoformacio Ân. Revista EspanÄ ola de Endodoncia 1987; 5: 41-61).

Hermann BW. Dentinobliteration der WuÈ rzelkanaÈlen nach Behandlung mit Kalzium. Zahnarztliche Rundschau 1930; 21: 888-99.

Hermann BW. Biologische Wurzelbehandlung. Frankfurt arn Main: W. Kramer, 1936.

Hess W. Zur Anatomie der Wurzelkanäle des menschlichen gebisses mit berücksichtigung der feinen Verzweigungen am foramen apicale. Schweiz Vierteljahresschr Zahnheilk 1917; 1: 1-53.
Heuer MA. The biomechanics of endodontic therapy. Dent Clin North Am 1963; 7: 341-59.
Holland R, Souza V, Nery MJ, Mello W, Bernabe PFE, Otoboni. Filho JA. A histological study of the effect of calcium hydroxide in the treatment of pulpless teeth of dogs. J Brit Endo Soc 1979; 12: 15-23.

Hostynek JJ, Patrick E, Younger B, Maibach HI. Hypochlorite sensitivity in man.Contact Dermatitis 1989; 20: 32–7.
Huang T-JG, Schilder H, Nathanson D. Effects of moisture content and endodontic treatment on some mechanical properties of human dentin. J Endod 1992; 18: 209-15.

Hugo WB, Russel AD. Pharmaceutical Microbiology, 6th edn. Oxford, UK: Blackwell Science, 1998.

Hülsmann M, Hahn W. Complications during root canal irrigation—literature review and case reports. Int Endod J 2000; 33: 186-93.
Hülsmann M, Heckendorff M, Lennon A. Chelating agents in root canal treatment: mode of action and indications for their use. Int Endod J 2003; 36: 810-30.
Imlay JA, Linn S. DNA damage and oxygen radical toxicity. Science. 1988; 240: 1302-09.

Ingle JI, Zeldow BJ. An evaluation of mechanical instrumentation and the negative culture in endodontic therapy. J Am Dent Assoc 1958; 57: 471-6.
Jacinto RC, Gomes BP, Shah HN, Ferraz CC, Zaia AA, Souza-Filho FJ. Quantification of endotoxins in necrotic root canals from symptomatic and asymptomatic teeth. J Med Microbiol 2005; 54: 777-83.
Jeansonne MJ, White RR. A comparison of 2.0% chlorhexidine gluconate and 5.25% sodium hypochlorite as antimicrobial endodontic irrigants. J Endod 1994; 20: 276-8.
Jensen SA, Walker TL, Hutter JW, Nicoll BK. Comparison of the cleaning efficacy of passive sonic activation and passive ultrasonic activation after hand instrumentation in molar root canals. J Endod 1999; 25: 735-8.
Kamburis JJ, Barker TH, Barfield RD, Eleazer PD. Removal of organic debris from bovine dentin shavings. J Endod 2003; 29: 559–61.
Kaufman AY, Binderman I, Tal M, Gedalia I, Peretz G. New chemoterapeutic agent for root canal treatment. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1978; 46: 283-95.
Kaufman AY. Facial emphysema caused by hydrogen peroxide irrigation: report of a case. J Endod 1981; 7: 470–2.
Kaufman AY. The use of dequalinium acetate as a disinfectant and chemotherapeutic agent in endodontics. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1981; 51: 434–41.
Kennedy WA, Walker WA, Gough RW. Smear layer removal effects on apical leakage. J Endod 1986; 12: 21-7.
Kerekes K, Tronstad L. Long-term results of endodontic treatment performed with a standardized technique. J Endod 1979; 5: 83–90.
Kimura Y, Wilder-Smith P, Matsumoto K. Lasers in endodontics: a review. Int Endod J 2000; 33 :173-85.
Kokkas AB, Boutsioukis A, Vassiliadis LP, Stavrianos CK. The influence of the smear layer on dentinal tubule penetration depth by three different root canal sealers: an in vitro study. J Endod 2004; 30: 1002.
Kontakiotis E, Nakou M, Georgopoulou M. In vitro study of the indirect action of calcium hydroxide on the anaerobic flora of the root canal. Int Endod J 1995; 28: 285-9.

Koskinen KP, Meurman JH, Stenvall H. Appearance of chemically treated root canal walls in the scanning electron microscope. Scand J Dent Res 1980; 88: 505-12.
Koskinen KP, Stenvall H, Vitto V. Dissolution of bovine pulp tissue by endodontic solutions. Scand J Dent Res 1980: 88: 406-11.
Krautheim AB, Jermann TH, Bircher AJ. Chlorhexidine anaphylaxis: case report and review of the literature. Contact Dermatitis 2004; 50: 113-6.
Krell KV, Johnson RJ. Irrigation patterns of ultrasonic endodontic files. Part II. Diamond-coated files. J Endod 1988; 14: 535-7.
Kuphasuk C, Oshida Y, Andres CJ, Hovijitra ST, Barco MT, Brown DT. Electrochemical corrosion of titanium and titanium-based alloys. J Prosthet Dent 2001; 85: 195-202.
Kvist T, Molander A, Dahlén G, Reit C. Microbiological evaluation of one- and two-visit endodontic treatment of teeth with apical periodontitis: a randomized, clinical trial. J Endod 2004; 30: 572-6.
Lambjerg-Hansen H, Fiehn N-E, Krogh P. Endodontiske medikamenter. Tandlaegebladet 1982; 86: 467-73.
Langeland K. Tissue response to dental caries. Endod Dent Traumatol 1987; 3: 149 -71.
Lester KS, Boyde A. Scanning electron microscopy of instrumented, irrigated and filled root canals. Br Dent J 1977; 143: 359-67.
Lester KS, Boyde A. Scanning electron microscopy of instrumented, irrigated and filled root canals. Br Dent J 1977; 143: 359-67.
Liolios E, Economides N, Parissis-Messimeris S, Boutsioukis A. The effectiveness of three irrigating solutions on root canal cleaning after hand and mechanical preparation. Int Endod J 1997; 30: 51-7.
Loel DA. Use of acid cleanser in endodontic therapy. J Am Dent Assoc 1975; 90: 148-51.
Love RM. Enterococcus faecalis—a mechanism for its role in endodontic failure.Int Endod J 2001; 34: 399-405.
Lussi A, Nussbacher U, Grosrey J. A novel noninstrumented technique for cleansing the root canal system. J Endod 1993; 19: 549-53.
Maddox DL, Walton RE, Davis CO. Incidence of posttreatment endodontic pain related to medicaments and other factors. J Endod 1977; 3: 447-52.
Mader CL, Baumgartner JC, Peters DD. Scanning electron microscopic investigation of the smeared layer on root canal walls. J Endod 1984; 10: 477-83.
Marsh PD, McKee AS, McDermid AS. Continuous culture study. In: Shah HN, Mayrand D, Genco RJ, eds. Biology of the Species Porphyromonas Gingivalis. Boca Raton, FL: CRC Press, 1993: 105-23.

Martin H, Cunningham WT, Norris JP. A quantitative comparison of the ability of diamond and K-type files to remove dentin. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1980; 50: 566-8.
Martin H. Ultrasonic disinfection of the root canal. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1976; 42:92–9.
Mayer BE, Peters OA, Barbakow F. Effects of rotary instruments and ultrasonic irrigation on debris and smear layer scores: a scanning electron microscopic study. Int Endod J 2002; 35: 582-9.
McComb D, Smith CD. A preliminary scanning electron microscopy study of root canals after endodontic procedures. J Endod 1975; 1: 238-42.
McComb D, Smith DC, Beagrie GS. The results of in vivo endodontic chemomechanical instrumentation-a scanning electron microscopic study. J Br Endod Soc 1976; 9: 1-8.
McDonnell G, Russell AD. Antiseptics and disinfectants: activity, action, and resistance. Clin Microbiol Rev 1999; 12: 147-79.
McGurkin-Smith R, Trope M, Caplan D, Sigurdsson A. Reduction of intracanal bacteria using GT rotary instrumentation, 5.25% NaOCl, EDTA, and Ca(OH)2. J Endod 2005; 31: 359-63.
Meryon SD, Tobias RS, Jakeman KJ. Smear removal agents: a quantitative study in vivo and in vitro. J Prosthet Dent 1987; 20: 174-9.
Molander A, Reit C, Dahlén G, Kvist T. Microbiological status of root-filled teeth with apical periodontitis. Int Endod J 1998; 31: 1-7.
Möller AJR. Microbiological examination of root canals and periapical tissues of human teeth. Odontologisk Tidskrift 1966; 74: 1-380.

Moodnik RM, Dorn SO, Feldman MJ, Levey M, Borden BG. Efficacy of biomechanical instrumentation: a scanning electron microscopic study. J Endod 1976; 2: 261-6.
Moorer WR, Wesselink PR. Factors promoting the tissue dissolving capability of sodium hypochlorite. Int Endod J 1982; 15: 187-96.
Morse DR. The endodontic culture technique: an impractical and unnecessary procedure. Dent Clin N Am 1971; 15: 793-806.
Naenni N, Thoma K, Zehnder M. Soft tissue dissolution capacity of currently used and potential endodontic irrigants. J Endod 2004; 30: 785-7.
Nair PN. Pathogenesis of apical periodontitis and the causes of endodontic failures. Crit Rev Oral Biol Med 2004; 15: 348-81.
Naumovich DB. Surface tension and pH of drugs in root canal therapy. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1963; 16: 965-8.

Nerwich A, Figdor D, Messer HH. pH changes in root dentine over a 4-week period following root canal dressing with calcium hydroxide. J Endod 1993; 19: 302-6.

Nicholls E. Endodontics, 2nd ed, Bristol, Wright J & Sons, Ltd, 1977 p 138.
Nickel JC, Ruseska I, Wright JB, Costerton JW. Tobramycin resistance of Pseudomonas aeruginosa cells growing as a biofilm on urinary catheter material. Antimicrob Agents Chemother 1985; 27: 619-24.
Nyborg W. Acoustic streaming. In: Mason WP, ed. Physical acoustics. New York: Academic Press, 1965: 265-383.
Nygaard Östby B. Chelation in root canal therapy. Odontol Tidskr 1957; 65: 3-11.
Nygren J (1838) Radgivare Angaende Basta Sattet Att Varda Ah Bevara Tandernas Fuskhet, Osv. Stockholm.

O’Connell MS, Morgan LA, Beeler WJ, Baumgartner JC. A comparative study of smear layer removal using different salts of EDTA. J Endod 2000; 26: 739-43.
O'Connor DO, Rubino JR. Phenolic compounds. In: Block SS, ed. Disinfection, Sterilization, and Preservation, 4th edn. Philadelphia, USA: Lea & Febiger, 1991; 204-24.

Oguntebi BR. Dentine tubule infection and endodontic therapy implications. Int Endod J 1994; 27: 218-22.

Ohara P, Torabinejad M, Kettering JD. Antibacterial effects of various endodontic medicaments on selected anaerobic bacteria. J Endod 1993; 19: 498-500.O’Hoy PY, Messer HH, Palamara JE. The effect of cleaning procedures on fracture properties and corrosion of NiTi files. Int Endod J 2003; 36: 724-32.
Olgart L, Brännström M, Johnson G. Invasion of bacteria into dentinal tubules. Experiments in vivo and in vitro. Acta Odontol Scand 1974; 32: 61-70.
Olgart LG. Bacteriological sampling from root canals directly after chemome- chanical treatment: A clinical and bacteriological study. Acta Odontol Scand 1969; 27: 91-103.
Orstavik D, Haapasalo M. Disinfection by endodontic irrigants and dressings of experimentally infected dentinal tubules. Endod Dent Traumatol 1990; 6: 142-9.
Ørstavik D, Haapasalo M. Disinfection by endodontic irrigants and dressings of experimentally infected dentinal tubules. Endod Dent Traumatol 1990; 6: 142-9.
Ørstavik D, Kerekes K, Molven O. Effects of extensive apical reaming and calcium hydroxide dressing on bacterial infection during treatment of apical periodontitis: a pilot study. Int Endod J 1991; 24; 1-7.
Ørstavik D. Intracanal medication. In: Pitt Ford TR, ed. Harty's Endodontics in Clinical Practice, 4th edn. Oxford, UK: Wright, 1997: 106-22.
Ørstavik D, Qvist V, Stoltze K. A multivariate analysis of the outcome of endodontic treatment. Eur J Oral Sci 2004; 112: 224-30.
Ørstavik D. Time-course and risk analyses of the development and healing of chronic apical periodontitis in man. Int Endod J 1996; 29: 150-5.
Padan E, Zilberstein D, Schuldiner S. pH homeostasis in bacteria. Biochim. Biophys Acta 1981; 650: 151-66.

Papa J, Cain C, Messer HH. Moisture content of vital vs endodontically treated teeth. Endod Dent Traumatol 1994; 10: 91-3.
Parsons GJ, Patterson SS, Miller CH, Katz S, Kafrawy AH, Newton CW. Uptake and release of chlorhexidine by bovine pulp and dentin specimens and their subsequent acquisition of antibacterial properties. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1980; 49: 455-9.
Patterson SS. In vivo and in vitro studies of the effect of the disodium salt of ethylenediamine tetra-acetate on human dentine and its endodontic implications. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1963; 16: 83-103.
Peciuliene V, Reynaud AH, Balciuniene I, Haapasalo M. Isolation of yeasts and enteric bacteria in root-filled teeth with chronic apical periodontitis. Int Endod J 2001; 34: 429-34.
Penick EC, Osetek EN. Intracanal drugs and chemicals in endodontic therapy. Dent Clin North Am 1970; 14: 743-52.
Peters LB, Van Winkelhoff AJ, Buijs JF, Wesselink PR. Effects of instrumentation, irrigation and dressing with calcium hydroxide on infection in pulpless teeth with periapical bone lesions. Int Endod J 2002; 35: 13-21.
Peters LB, Wesselink PR. Periapical healing of endodontically treated teeth in one and two visits obturated in the presence or absence of detectable microorganisms. Int Endod J 2002; 35: 660-7.
Peters OA, Boessler C, Zehnder M. Effect of liquid and paste-type lubricants on torque values during simulated rotary root canal instrumentation. Int Endod J 2005; 38: 223-9.
Peters OA. Current challenges and concepts in the preparation of root canal systems: a review. J Endod 2004; 30: 559-67.
Petersson K, Soderstrom C, Kiani-Anaraki M, Levy G. Evaluation of the ability of thermal and electrical tests to register pulp vitality. Endod Dent Traumatol 1999; 15: 127-31.
Popescu IG, Popescu M, Man D, et al. Drug allergy: incidence in terms of age and some drug allergens. Med Interne 1984; 22: 195-202.
Portenier I, Haapasalo H, Rye A, Waltimo T, Ørstavik D, Haapasalo M. Inactivation of root canal medicaments by dentine, hydroxylapatite and bovine serum albumin. Int Endod J 2001; 34: 184-8.
Portenier I, Waltimo T, Haapasalo M. Enterococcus faecalis—the root canal survivor and “star” in post-treatment disease. Endod Topics 2003; 6: 135-60.
Ram Z. Effectiveness of root canal irrigation. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1977; 44 :306-12.
Reit and G. Dáhlen, Decision making analysis of endodontic treatment strategies in teeth with apical periodontitis, Int Endod J 1988; 21; 291-9.

Reynolds MA, Madison S, Walton RE, Krell KV,. Rittman BRJ. An in vitro histological comparison of the step-back, sonic, and ultrasonic instrumentation techniques in small, curved root canals. J Endod 1987; 13: 307–14.
Ringel AM, Patterson SS, Newton CW, Miller CH, Mulhern JM. In vivo evaluation of chlorexidine gluconate solution and sodium hypochlorite solution as root canal irrigants J Endod 1982; 8: 200-4.
Ringel AM, Patterson SS, Newton CW, Miller CH, Mulhern JM. In vivo evaluation of chlorhexidine gluconate solution and sodium hypochlorite solution as root canal irrigants. J Endod 1982; 8: 200-4.
Rölla G, Loe H, Schiott CR. Retention of chlorhexidine in the human oral cavity. Arch Oral Biol 1971; 16: 1109-16.
Rölla G, Loe H, Schiott CR. The affinity of chlorhexidine for hydroxyapatite and salivary mucins. J Periodontal Res 1970; 5: 90-5.
Roy RA, Ahmad M, Crum LA. Physical mechanisms governing the hydrodynamic response of an oscillating ultrasonic file. Int Endod J 1994; 27: 197-207.
Russell RG, Rogers MJ. Bisphosphonates: from the laboratory to the clinic and back again. Bone 1999; 25: 97-106.
Safavi KE, Spangberg LSW, Langeland K. Root canal dentinal tubule disinfection. J Endod 1990; 16: 207-10.

Saleh IM, Ruyter IE, Haapasalo M, Ørstavik D. Survival of Enterococcus faecalis ininfected dentinal tubules after root canal filling with different root canal sealers in vitro. Int Endod J 2004; 37: 193-8.
Sarbinoff JA, O’Leary TJ, Miller CH. The comparative effectiveness of various agents in detoxifying diseased root surfaces. J Periodontol 1983; 54: 77-80.
Schilder H. Cleaning and shaping the root canal. Dent Clin North Am 1974;18: 269-96.
Schilder H. Cleaning and shaping the root canal. Dent Clin North Am 1974; 18: 269-96.
Seal GJ, Ng YL, Spratt D, Bhatti M, Gulabivala K. An in vitro comparison of the bactericidal efficacy of lethal photosensitization or sodium hyphochlorite irrigation on Streptococcus intermedius biofilms in root canals. Int Endod J 2002; 35: 268-74.
Seltzer S, Bender IB, Turkenkopf S. Factors affecting successful repair after root canal therapy. J Am Dent Assoc.1963; 67: 651-62.
Seltzer S, Bender IB, Ziontz M. The dynamics of pulp inflammation: correlation between diagnostic data and actual histologic findings in the pulp. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1963; 16: 846-71.
Seltzer S. Endodontology. Biologic Considerations in Endodontic Procedures, 2nd edn. Philadelphia, USA: Lea & Febiger, 1988.

Sen BH, Safavi KE, Spångberg LS. Antifungal effects of sodium hypochlorite and chlorhexidine in root canals. J Endod 1999; 25: 2358.
Senia ES, Marshall FJ, Rosen S. The solvent action of sodium hypochlorite on pulp tissue of extracted teeth. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1971; 31: 96-103.
Senia ES, Marshall FJ, Rosen S. The solvent action of sodium hypochlorite on pulp tissue of extracted teeth. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1971; 31: 96-103.
Shih M, Marshall F, Rosen S. The bactericidal efficiency of sodium hypochlorite as an endodontic irrigant. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1970; 29: 613-9.
Shiozawa A. Characterization of reactive oxygen species generated from the mixture of NaClO and H2O2 used as root canal irrigants. J Endod 2000; 26:11-15.
Shipper G, Ørstavik D, Teixeira FB, Trope M. An evaluation of microbial leakage in roots filled with a thermoplastic synthetic polymer-based root canal filling material (Resilon). J Endod 2004; 30: 342-7.
Shovelton DS. The presence and distribution of microorganisms with nonvital teeth. Br Dent J 1964; 117: 101-7.
Silva LA, Leonardo MR, Assed S, Tanomaru Filho M. Histological study of the effect of some irrigating solutions on bacterial endotoxin in dogs. Braz Dent J 2004; 15: 109-14.
Sim TP, Knowles JC, Ng YL, Shelton J, Gulabivala K. Effect of sodium hypochlorite on mechanical properties of dentine and tooth surface strain. Int Endod J 2001; 34: 120-32.
Siqueira JF Jr, Rôças IN, Santos SRLD, Lima KC, Magalhães FAC, and De Uzeda M. Efficacy of instrumentation techniques and irrigation regimens in reducing the bacterial population within root canals. J Endod 2002; 28: 181-4.
Siqueira JF Jr, Gonçalves RB. Antibacterial activities of root canal sealers against selected anaerobic bacteria. J Endod 1996; 22: 89-90.
Siqueira Jr JF, Lopes HP, Uzeda M. Atividade antibacteriana de medicamentos endodônticos sobre bactérias anaeróbias estritas. Rev Assoc Paul Cir Dent 1996; 50: 326-32.
Siqueira Jf Jr, Magalhães FAC, Uzeda M. Avaliação da atividade antibacteriana de medicação intracanal. Très bases fortes e pastas à base de hidróxido de cálcio e paramonoclorofenol canforado. RGO 1996; 44: 271-4.
Siqueira Jr JF, Uzeda M. Disinfection by calcium hydroxide pastes of dentinal tubules infected with two obligate and one facultative anaerobic bacteria. J Endod 1996; 22: 674-6.
Siqueira JF Jr, Uzeda M, Fonseca MEL. Scanning electron microscopic evaluation of in vitro dentinal tubules penetration by selected anaerobic bacteria. J Endod 1996; 22: 308-10.
Siqueira JF Jr Tratamento das Infecc,oÄes EndodoÃnticas. Rio de Janeiro, Brazil: Medsi, 1997.
Siqueira Jr JF, Lopes HP, Magalhães FAC, Uzeda. M. Atividade antibacteriana da pasta de hidróxido de cálcio/paramonoclorofenol c nforado/glicerina contendo diferentes proporções de iodofórmio sobre bactérias anaeróbias estritas e facultativas. Rev Paul Odontol 1997; 19: 17-21.
Siqueira JF Jr, Machado AG, Silveira RM, Lopes HP, Uzeda M. Evaluation of the effectiveness of sodium hypochlorite used with three irrigation methods in the elimination of Enterococcus faecalis from the root canal. Int Endod J 1997; 30: 279-83.
Siqueira JF Jr, Uzeda M. Intracanal medicaments: evaluation of the antibacterial effects of chlorhexidine, metronidazole, and calcium hydroxide associated with three vehicles. J Endod 1997; 23: 167-9.
Siqueira Jr JF, Lopes HP, Uzeda M. Recontamination of coronally unsealed root canals medicated with camphorated paramonochlorophenol or calcium hydroxide pastes after saliva challenge. J Endod 1998; 24: 11-4.
Siqueira JF Jr, Uzeda M . Influence of different vehicles on the antibacterial effects of calcium hydroxide. J Endod 1998; 24; 663-5.
Siqueira Jr JF, Lopes HP. Mechanisms of antimicrobial activity of calcium hydroxide: a critical review. Int Endod J 1999; 32: 361-9.
Siqueira JF, Jr., Rjcas IN, Souto R, de Uzeda M, Colombo AP. Actinomyces species, streptococci, and Enterococcus faecalis in primary root canal infections. J Endod 2002; 28: 168 -72.
Siren EK, Haapasalo MPP, Ranta K, Salmi P, Kerosuo ENJ. Microbiological findings and clinical procedures in endodontic cases selected for microbiological investigation. Int Endod J 1997; 30: 91-5.

Sirtes G, Waltimo T, Schaetzle M, Zehnder M. The effects of temperature on sodium hypochlorite short-term stability, pulp dissolution capacity, and antimicrobial efficacy. J Endod 2005; 31: 669-71.
Sjögren U, Sundqvist G. Bacteriologic evaluation of ultrasonic root canal instrumentation.Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1987; 63: 366-70.

Sjögren U, Figdor D, Spångberg L, Sundqvist G. The antimicrobial effect of calcium hydroxide as a short-term intracanal dressing. Int Endod J 1991; 24; 119-25.
Sjögren U. Success and failure in endodontics (Odontological Dissertation No. 60). Umea, Sweden: Umea University 1996.
Sjögren U, Figdor D, Persson S, Sundqvist G. Influence of infection at the time of root filling on the outcome of endodontic treatment of teeth with apical periodontitis. Int Endod J 1997; 30: 297-306.
Smith RM, Martell AE. Critical stability constants. New York: Plenum Press, 1976.
Solovyeva AM, Dummer PM. Cleaning effectiveness of root canal irrigation with electrochemically activated anolyte and catholyte solutions: a pilot study. Int Endod J 2000; 33: 494-504.
Spångberg L, Engström B, Langeland K. Biologic effects of dental materials. 3. Toxicity and antimicrobial effect of endodontic antiseptics in vitro. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1973; 36: 856-71.
Spångberg L, Kaufman A, Spångberg E, Rutberg M. Salvizol as an intracanal antiseptic for endodontic use. Oral Surg Oral Med Oral Pathol  1978; 46: 427-32.
Spångberg L, Rutberg M, Rydinge E. Biologic effects of endodontic antimicrobial agents. J Endod 1979; 5: 166-75.
SpångbergL, Engström B, Langeland K. Biologic effects of dental materials. 3. Toxicity and antimicrobial effect of endodontic antiseptics in vitro. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1973; 36: 856-71.
SpångbergL. Kinetic and quantitative evaluation of material cytotoxicity in vitro. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1973; 35: 389-401.
Spratt DA, Pratten J, Wilson M, Gulabivala K. An in vitro evaluation of the antimicrobial efficacy of irrigants on biofilms of root canal isolates. Int Endod J 2001; 34: 300-7.
Stevens RH, Grossman LI. Evaluation of the antimicrobial potential of calcium hydroxide as an intracanal medicament. J Endod 1983; 9: 372-4.

Stewart GG. A study of a new medicament in the chemomechanical preparation of infected root canals. J Am Dent Assoc 1961; 63: 33-7.
Stewart GG, Kapsimalas P, Rappaport H. EDTA and urea peroxide for root canal preparation. J Am Dent Assoc 1969; 78: 335- 8.
Stock CJ. Current status of the use of ultrasound in endodontics. Int Dent J 1991; 41: 175-82.
Stuart KG, Miller CH, Brown CE Jr, Newton CW. The comparative antimicrobial effect of calcium hydroxide. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1991; 72: 101-4.

Sundqvist G. Bacteriological studies of necrotic dental pulps. Umeå: Umeå University, 1976.
Sundqvist G. Taxonomy, ecology, and pathogenicity of the root canal flora. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1994; 78: 522-30.
Sundqvist G, Figdor D, Persson S, Sjogren U. Microbiologic analysis of teeth with failed endodontic treatment and the outcome of conservative re-treatment. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod 1998; 85: 86-93.

Svec AT, Harrison JW. The effect of effervescence on debridement of the apical regions of root canals in single-rooted teeth. J Endod 1981; 7: 335-40
Svec TA, Harrison JW. Chemomechanical removal of pulpal and dentinal debris ... and hydrogen peroxide vs normal saline solution. J Endod 1977; 3: 49-53.
Tanomaru JM, Leonardo MR, Tanomaru Filho M, Bonetti Filho I, Silva LA. Effect of different irrigation solutions and calcium hydroxide on bacterial LPS. Int Endod J 2003; 36: 733-9.
Tasman F, Cehreli ZC, Ogan C, Etikan I. Surface tension of root canal irrigants. J Endod 2000; 26: 586-7.
Taylor HD & Austin JH. The solvent action of anti- septics on necrotic tissue. J Exp Med. 1918; 27: 155-164.
Test ST, Lampert MB, Ossanna PJ, Thoene JG, Weiss SJ. Generation of nitrogenchlorine oxidants by human phagocytes. J Clin Invest 1984; 74: 1341-9.
Teuscher GW, Zander HA. A preliminary report on pulpotomy, Northwestern University Bulletin 1938; 39: 4-13.

Thé SD. The solvent action of sodium hypochlorite on fixed and unfixed necrotic tissue. Oral Surg Oral Med Oral Pathol  1979; 47:558-61.
Thé SD. The solvent action of sodium hypochlorite on fixed and unfixed necrotic tissue. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1979; 47: 558-61.
Torabinejad M, Khademi AA, Babagoli J, et al. A new solution for the removal of the smear layer. J Endod 2003; 29: 170 -5.
Torneck CD, Smith JS, Grindall P. Biologic effects of endodontic procedures on developing incisor teeth. IV. Effect of debridement procedures and calcium hydroxidecamphorated parachlorophenol paste in the treatment of experimentally induced pulp and periapical disease. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1973; 35; 541-54.

Trepagnier CM, Madden RM, Lazzari EP. Quantitative study of sodium hypechlorite as an in vitro endodontic irrigant. J Endod 1977; 3: 194-6.

Tronstad L, Andreasen JO, Hasselgren G, Kristerson L, Riis I. pH changes in dental tissues after root canal filling with calcium hydroxide. J Endod 1981; 7: 17-21.
Tronstad L. Root resorption etiology, terminology and clinical manifestations. Endod Dent Traumatol 1988; 4; 241-52.
Tronstad L Recent development in endodontic research. Scand J Dent Res 1992; 100: 52-9.
Vahdaty A, Pitt Ford TR, Wilson RF. Efficacy of chlorhexidine in disinfecting dentinal tubules in vitro. Endod Dent Traumatol 1993; 9: 243-8.
Van der Sluis LW, Wu MK, Wesselink PR. A comparison between a smooth wire and a K-file in removing artificially placed dentine debris from root canals in resin blocks during ultrasonic irrigation. Int Endod J 2005; 38: 593-6.
Van der Sluis LW, Wu MK, Wesselink PR. The efficacy of ultrasonic irrigation to remove artificially placed dentine debris from human root canals prepared using instruments of varying taper. Int Endod J 2005; 38: 764-8.
Van Klingeren B, Pullen W, Reijnders HF. Quantitative suspension test for the evaluation of disinfectants for swimming pool water: experiences with sodium hypochlorite and sodium dichloroisocyanurate. Zentralbl Bakteriol [B] 1980; 170: 457-68.
Voet D, Voet JG. Biochemistry, 2nd edn. New York, USA: John Wiley & Sons, Inc., 1995.

Vojinovic O, Nyborg H, Brännström M. Acid treatment of cavities under resin fillings: bacterial growth in dentinal tubules and pulpal reactions. J Dent Res 1973: 52: 1189-93.
Walker A. A definite and dependable therapy for pulpless teeth. J Am Dent Assoc 1936; 23: 1418 –25.
Walmsley AD. Ultrasound and root canal treatment: the need for scientific evaluation. Int Endod J 1987; 20: 105-11.
Waltimo TM, Sirén EK, Torkko HL, Olsen I, Haapasalo MP. Fungi in therapy-resistant apical periodontitis. Int Endod J 1997; 30: 96-101.
Wang JD, Hume WR. Diffusion of hydrogen ion and hydroxyl ion from various sources though dentine. Int Endod J 1988; 21: 17-26.

Weine FS, Kelly RF, Lio PJ. The effect of preparation procedures on original canal shape and on apical foramen shape. J Endod 1975; 1: 255-62..
Weine FS, Smulson MH. A microbiologic evaluation of endodontic instrumentation in pulpless teeth. Oral Surg Oral Med Oral Pathol 1973; 35: 676-83.
White RR, Goldman M, Lin PS. The influence of the smear-layer upon dentinal tubule penetration by plastic filling materials. J Endod 1984; 10: 558-62.
Wilson M. Susceptibility of oral bacterial biofilms to antimicrobial agents. J Med Microbiol 1996; 44: 7987.
Yamada RS, Armas A, Goldman M, Lin PS. A scanning electron microscopic comparison of high volume final flush with several irrigating solutions. Part 3. J Endodon 1983; 9: 137-42.Abbott PV, Heijkoop PS, Cardaci SC, Hume WR, Heithersay GS. An SEM study of the effects of different irrigation sequences and ultrasonics. Int Endod J 1991; 24: 308-16.
Yamada RS, Armas A, Goldman M, Lin PS. A scanning electron microscopic comparison of a high volume final flush with several irrigating solutions: part 3. J Endod 1983; 9: 137-42.
Yguel-Henry S, Vannesson H, von Stebut J. High precision, simulated cutting efficiency measurement of endodontic root canal instruments: influence of file configuration and lubrication. J Endod 1990; 16: 418-22.
Yoshida T, Shibata T, Shinohara T, Gomyo S, Sekine I. Clinical evaluation of the efficacy of EDTA solution as an endodontic irrigant. J Endod 1995; 21: 592-3.
Zamany A, Safavi K, Spångberg LS. The effect of chlorhexidine as an endodontic disinfectant. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod 2003; 96: 578-81.
Zambon JJ, Haraszthy VI. The laboratory diagnosis of periodontal infections. Periodontol 2000 1995: 7: 69-82.

Zander HA. Reaction of the dental pulp to calcium hydroxide. J Dent Res 1939; 18: 373-9.

Zehnder M, Gold SI, Hasselgren G. Pathologic interactions in pulpal and periodontal tissues. J Clin Periodontol 2002; 29: 663-71.
Zehnder M, Grawehr M, Hasselgren G, Waltimo T. Tissue-dissolution capacity and dentin-disinfecting potential of calcium hydroxide mixed with irrigating solutions. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod 2003; 96: 608-13.
Zehnder M, Kosicki D, Luder H, Sener B, Waltimo T. Tissue-dissolving capacity and antibacterial effect of buffered and unbuffered hypochlorite solutions. Oral Surg Oral Med Oral Pathol Oral Radiol Endod 2002; 94: 756-62.
Zehnder M, Schicht O, Sener B, Schmidlin P. Reducing surface tension in endodontic chelator solutions has no effect on their ability to remove calcium from instrumented root canals. J Endod 2005; 31: 590-2.
Zehnder M, Schmidlin P, Sener B, Waltimo T. Chelation in root canal therapy reconsidered. J Endod 2005; 31 :817-20.
Zehnder M, Söderling E, Salonen J, Waltimo T. Preliminary evaluation of bioactive glass S53P4 as an endodontic medication in vitro. J Endod 2004; 30: 220-4.
Zehnder M. Root canal irrigants. J Endod 2006; 32: 389-98.
 


 

 

 


 

* Dr. Mauro Venturi

 

Inizio pagina