Negli
ultimi 15 anni l'Endodonzia è profondamente cambiata: per evoluzione
intrinseca, per il miglioramento dello strumentario e dei materiali che
l'industria ha messo a disposizione, e infine per il modificarsi delle
altre discipline odontoiatriche con cui l'Endodonzia entra in rapporto
obbligato. Basti pensare, a titolo di esempio, a come sono cambiati i
concetti che guidano il restauro dell'elemento trattato
endodonticamente.
L’obiettivo
fondamentale di un trattamento endodontico dovrebbe essere oggi più che
mai quello di assicurare la conservazione nel tempo dell’elemento
dentale. Pressupposto fondamentale per ottenere questo risultato è che
la cura venga eseguita al meglio senza che venga compromessa la
resistenza meccanica dell'elemento stesso. Gli spessori di dentina
asportati dovrebbero quindi essere minimi, ma questo comporta spesso
che gli spazi a disposizione dell'endodontista siano stretti.
Detersione, eliminazione dei detriti, penetrazione degli irriganti e
otturazione del canale sono più difficili da ottenere in spazi stretti,
così come la ricostruzione con perni intracanalari risulta meno
agevole. D'altra parte la frequenza di fratture radicolari
post-trattamento endodontico è in relazione diretta con il grado di
riduzione degli spessori di dentina .
Trovare
un punto di equilibrio fra esigenze contrapposte è difficile.
Abbiamo
però a disposizione oggi aiuti importanti. La ricerca ci fornisce nuovi
materiali, e materiali già esistenti migliorati nelle loro
caratteristiche. Vi sono strumenti nuovi a disposizione: pensiamo ai
localizzatori elettronici dell'apice; agli strumenti rotanti in Ni-Ti,
con i relativi motori e manipoli dedicati; ai dispositivi
ultrasonici; ai diversi sofisticati strumenti con cui otturare i
canali. Esistono e sono ormai di uso comune dispositivi che ci
consentono di lavorare a visione ingrandita. E' inoltre disponibile
un'enorme quantità di dati di ricerca (biologica, clinica, sui
materiali), il cui accesso è enormemente più facile e veloce grazie
all'informatica, allo sviluppo delle banche-dati, all'uso delle reti.
Le
tecniche che utilizziamo per preparare e otturare i canali, e i
risultati che ci proponiamo di ottenere, non possono non tener
conto di questa evoluzione.
Chiunque
si appassioni ad una disciplina prima o poi si incuriosisce, si
pone interrogativi e cerca risposte.
Che
cosa c'è da chiarire o migliorare ancora in Endodonzia?
Molte
cose, probabilmente. Non esiste ancora oggi concordanza di pareri, nè
fra i clinici nè fra i ricercatori, su come detergere e sagomare il
sistema canalare, e nemmeno su come e fin dove otturarlo. La ricerca e
la clinica sembrano procedere secondo direzioni parallele. La prima
spesso propone indagini su problemi estremamente focalizzati
e molto distanti dalla dimensione operativa, mentre la seconda
sembra più interessata alle proposte commerciali dell'industria che non
ai contributi dell'indagine scientifica.
Vi
è stato negli ultimi anni un grande lavoro di messa a punto delle
tecniche di sagomatura del canale e dello strumentario attinente.
Proporzionalmente irrilevante è stata l'attenzione scientifica dedicata
allo studio dei materiali da otturazione canalare e al loro utilizzo
clinico, e vi sono inoltre pochissimi dati di ricerca concernenti la
valutazione dell'esito del trattamento nel lungo periodo.
Nessuna attenzione è stata dedicata all'analisi e alla
definizione delle geometrie della sagomatura in funzione
dell'otturazione canalare.
Anche
sulla determinazione della lunghezza di lavoro ci sarebbe molto da dire
e da fare. Ma questa è un'altra storia. O forse no. Forse il problema è
sempre lo stesso.
Che
occorre una minor quantità di opinioni non dimostrate, e più
metodologia scientifica.
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